Addio amaro per il procuratore Alfonso: “Senza soldi per la benzina delle auto”

 

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E’ un addio amaro quello di Roberto Alfonso, procuratore capo di Bologna e numero uno della direzione antimafia in Emilia-Romagna. Ieri, congedandosi con la stampa prima del suo trasferimento a Milano, il procuratore ha denunciato il fatto che la Procura bolognese ha finito i soldi per la benzina delle auto che ogni giorno vengono usate per spostare magistrati e fascicoli su e giù per l’Emilia-Romagna.

“Non abbiamo più la benzina per mandare i colleghi a rappresentare l’accusa nei Tribunali del distretto. Ho scritto al ministero, informato il procuratore generale- rivela Alfonso- abbiamo già fermato due macchine e ho detto ai colleghi che quando non ne avremo più neanche una a disposizione andranno in trasferta con la loro macchina, in treno o in pullman e rimborseremo loro le spese della trasferta, se sarà possibile farlo”. Il problema, ha sottolineato il procuratore, “non è soltanto il trasferimento dei magistrati, oggi abbiamo fascicoli di 10, 15, 20 faldoni” che vengono spostati in automobile. Operazioni che avvengono di continuo anche all’interno di Bologna, perchè Procura e Tribunale sono in edifici differenti. Figurarsi per un distretto che va da Piacenza a Rimini. Per la benzina delle auto “sono stati tagliati i fondi” e quindi si tratta di una spesa “tra qualche giorno non potremo più sostenere”.

“Dobbiamo fare fronte al nostro compito e al nostro lavoro- afferma ancora Alfonso- anche con queste incredibili difficoltà. Ci rendiamo conto del momento difficile che attraversa il paese- sottolinea ancora il procuratore capo- però è bene che i cittadini sappiano con quali difficoltà e quali carenza di risorse la Procura della Repubblica e in generale tutta l’autorità giudiziaria si trovano ad operare”.

MAFIE IN EMILIA ‘HANNO FATTO AFFARI’. Il Procuratore ha poi ripercorso alcune operazioni dirette a Bologna in questi anni. Si è soffermato sulla maxi-indagine sulle mafie in Regione, l’operazione Aemilia. Per Alfonso l’Emilia-Romagna “non è terra di mafia nel senso in cui può esserlo la Sicilia e la Calabria. Non è una zona in cui la mafia o la ‘ndrangheta controllano del territorio. Ma è una terra dove hanno fatto affari. E li hanno fatti bene, con grande loro vantaggio”. Tuttavia l’Emilia-Romagna “è una terra ormai infiltrata, dove c’è radicamento. Non ci si sono stati conflitti armati tra clan e gruppi, anche se a Reggio c’è stato un periodo in cui c’erano incendi a centinaia”. Alfonso dice di aver voluto in questi anni “tracciare il percorso” non solo con l’inchiesta Aemilia, ma anche sul traffico di stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e i reati ambientali. “Per noi criminalità è anche questo”. Ora, ha detto il procuratore in un altro passaggio dell’incontro con la stampa, “spero che il lavoro da me iniziato possa giungere a risultati migliori”. Alfonso ha rivendicato anche i risultati sul fronte organizzativo, a partire dagli 8.000 processi ”smaltiti” dai tempi del suo insediamento sotto le Due Torri. L’ultima ispezione ha mostrato che “l’arretrato è stato eliminato e i rilievi sono stati tutti rimossi. Gli sforzi sono stati premiati”.

“SPERAVO CHE QUALCUNO PARLASSE, VUOLE DIRE CHE VA TUTTO BENE”. “La mia sensazione è che ci dovrebbe essere più collaborazione”. Alfonso ha così confidato anche la propria delusione per la poca collaborazione ricevuta sul fronte dei reati contro la pubblica amministrazione. “Avrei sperato che qualcuno ad un certo punto parlasse e raccontasse se c’è un sistema che non funziona, corruttivo. Prendo atto che non c’è nessuno, vuol dire che tutto va bene. Tutto funziona, ne prendo atto”, dice Alfonso. Su quel fronte “io credo che la Procura dovrebbe impegnarsi sempre di più. I reati contro la pubblica amministrazione, lo diciamo tutti, sono gravissimi, al pari alla criminalità organizzata, meritano un contrasto forte ed efficace. Bene, noi siamo qui per questo e io ho cercato di fare del mio meglio. In alcuni casi ho ottenuto il risultato, in altri casi no, ma è fisiologia”. Alfonso aveva appena citato i casi che hanno riguardato il mondo politico, dal processo Terremerse che ha portato alla condanna (poi annullata in Cassazione) di Vasco Errani all’inchiesta sul Civis che ha lambito ad un certo punto anche l’ex sindaco Giorgio Guazzaloca (che ne è uscito indenne). Ma è più in generale che si spinge il ragionamento di Alfonso. “In genere le carte sono sempre a posto, la prova poi si deve cercare altrove. Qui non abbiamo avuto una persona che sia venuta in Procura a raccontare che cosa è accaduto e cosa e” stato fatto”.

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