“Non fu stupro, lei era consenziente anche se aveva bevuto”
Dopo il collegio penale di Ravenna in primo grado, la corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza di assoluzione piena, “perché il fatto non costituisce reato“, dei due giovani imputati per violenza sessuale di gruppo per induzione con abuso delle condizioni della vittima, una giovane all’epoca 18enne che aveva bevuto diversi bicchieri tra vino e superalcolici.
Si tratta di un rumeno, oggi 34enne, che aveva avuto il rapporto (è difeso dagli avvocati Carlo Benini e Silvia Brandolini) e di un 35enne di origine straniera, ex calciatore anche del Ravenna, che aveva immortalato la scena ed era tutelato dagli avvocati Raffaella Salsano e Francesco Papiani.
La Procura generale di Bologna aveva chiesto condanne rispettivamente a 7 e 4 anni, nonché di rinnovare il dibattimento risentendo i testimoni di quella sera e la presunta vittima, parte civile con l’avvocato Elisa Cocchi che chiedeva risarcimenti per 100mila euro di cui 30mila come provvisionale subito esecutiva.
La corte d’appello – presidente Paola Lo Savio, relatore Giorgio Di Giorgio, a latere Giuditta Silvestrini – motiverà in 60 giorni una decisione che potrebbe ricalcare quella dei colleghi ravennati di primo grado, secondo i quali la ragazza si era dimostrata “pienamente in sé, e quantomeno in grado di esprimere validamente un consenso”. Circostanza che era stata evidenziata “in particolare con la mimica e la gestualità”, come sarebbe emerso dal filmato che ne documentava la partecipazione all’atto sessuale; filmato dal quale “non si apprezza alcuna costrizione”.
Di avviso opposto, il Pm Angela Scorza aveva presentato appello, parlando di “scena raccapricciante” e “stato di inconfutabile incoscienza” di una ragazza “completamente indifesa” e in balia del “comportamento denigratorio dei presenti”, tra cui un’amica di lei.
La vicenda era maturata la notte tra il 5 e il 6 ottobre del 2017: la ragazza era stata portata a spalla fino a un appartamento del centro dopo una serata alcolica in un locale della zona. E poi caffè, docce, conati di vomito, i rapporti sessuali filmati con il cellulare e, qualche giorno dopo, la visita in pronto soccorso con la denuncia in questura. Ma se per due procure si trattò dello stupro filmato di una ragazza, cosi non è per altrettante corti giudicanti.
Determinante sarebbe stata anche la scansione temporale dei fatti, che “testimonia inequivocabilmente lo stato di ebrezza all’una e il rapporto sessuale alle 4.22”. Un intervallo da cui “non deriva inevitabilmente la prova che” la 18enne “al momento del rapporto fosse ancora in condizioni tali da inibire la capacità di consentire un atto sessuale”. Intorno alle 2, infatti, le era stata fatta una doccia, mentre il giovane rumeno cercava di farla riprendere con l’acqua fredda. La stessa si era poi addormentata, mentre intorno alle 3 si era incamminata da sola in bagno e alle 4, poco prima dell’atto sessuale, aveva avuto uno scambio di messaggi con la madre.
La vicenda aveva innescato cortei femminili e uno scontro mediatico tra i legali. All’avvocato della giovane che, dopo la sentenza di primo grado, parlò di “retaggio patriarcale” e “verdetto sconfortante”, i legali degli imputati avevano replicato rimarcando “l’istruttoria rigorosa” e la pretestuosità delle proteste.
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