Sallusti: “Mio nonno fucilato dai partigiani, mia nonna violentata”

Alessandro Sallusti

“Non so se mio nonno fosse davvero fascista. Certo non era un gerarca. Era un ufficiale dell’esercito”

Nel suo ultimo libro, “L’eresia liberale” edito da Rizzoli, il direttore responsabile del Giornale Alessandro Sallusti racconta per la prima volta la storia dei suoi nonni, Biagio e Lina. Il primo giustiziato dai partigiani per il ruolo che aveva ricoperto durante l’effimera Repubblica di Salò e la seconda violentata nei giorni seguenti. “Come tanti, dopo l’8 settembre si schierò con quella che si è dimostrata la parte sbagliata della storia”, dichiara il giornalista in un’intervista al Corriere.

La memoria del nonno e l’ipocrisia per chi è di sinistra

“Per nulla al mondo rinnegherei la memoria di mio nonno. La rispetto. Sono onorato e orgogliosissimo di essere suo nipote. Ma non mi si chieda di condividere quello che mio nonno ha fatto”, spiega Sallusti. Che aggiunge: “Però soltanto ad alcuni si chiede conto della loro genealogia. A quelli di sinistra si perdona tutto. Con la Repubblica sociale c’era anche Dario Fo. Giorgio Napolitano prima di essere comunista è stato fascista. Come Eugenio Scalfari”, chiarisce.

“Meloni? Non ha fatto granché, ma ha bisogno di dieci anni”

La stessa storia si ripete, secondo Sallusti, al giorno d’oggi con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Le si chiede conto di una storia da cui è stata generata: una genealogia culturale, non fisica. Però ai politici del Pd non viene mai chiesto conto della tradizione diversamente ma altrettanto illiberale e antidemocratica da cui vengono”. E quando gli viene chiesto un giudizio sull’operato della premier, il giornalista è chiaro: “Non le interessa durare: vuole cambiare il Paese. Finora non ha fatto granché, è vero. Ma ha bisogno di dieci anni”.

La scoperta della verità

Ma chi era suo nonno, Sallusti l’ha scoperto solo per gradi: “Quando chiedevo del nonno, non avevo risposte… I nonni ti dicono da dove vieni. Ero legatissimo a mia nonna Lina. Su mio nonno Biagio gravava però un silenzio imbarazzante”. La verità arriva un giorno a scuola quando in un manuale legge le lettere di alcuni condannati alla fucilazione. Una era proprio del nonno di Sallusti. “Che la mia sorte contribuisca alla pacificazione degli animi… e che finalmente tutti gli italiani ritrovino la via che conduce alla salvezza e alla rinascita dell’Italia”, è una parte della lettera citata dal giornalista. E accanto alla missiva del nonno c’era quella di un partigiano che era stato condannato dal tribunale presieduto proprio da Biagio Sallusti che, da comandante militare della piazza di Como, aveva dovuto sostituire il presidente e vice che erano già fuggiti.

Le conseguenze

“Condannare a morte un ragazzo è orribile. Ma è orribile anche quello che fecero dopo alla sua famiglia. Mia nonna fu violentata. La casa devastata. Mio padre Alberto, che era il primogenito, e i suoi fratellini furono ridotti alla fame”, ricorda il direttore del Giornale. In Sallusti però non c’è mai stato desiderio di vendetta: “Perché la loro storia non era la mia. Non mi è mai passato per l’anticamera del cervello di fare, che so, il saluto romano”.
www.today.it – foto LaPresse

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