Donna operata in ritardo: ospedale Careggi e Asl Toscana condannati a risarcire i parenti

sala operatoria

Una donna di 54 anni è morta dopo oltre due anni di coma per un’operazione al cervello rimandata più volte

Il tumore era stato diagnosticato il 15 maggio 2018, ma l’intervento chirurgico venne eseguito solo sei giorni dopo. In seguito all’operazione, la paziente riportò “danni cerebrali irreversibili” e non si risvegliò più. È deceduta nell’ottobre 2020, ricoverata in una casa di cura.
A distanza di quattro anni e mezzo dai fatti, il Tribunale di Firenze ha stabilito che l’Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi e l’Asl Toscana Centro sono responsabili. I due enti sono stati condannati in solido a risarcire la famiglia – il marito, la figlia e la sorella – con una cifra superiore a 1,1 milioni di euro.

Diagnosi immediata, intervento rimandato più volte

Tutto iniziò con forti mal di testa che tormentavano la donna. Una TAC effettuata il 15 maggio 2018 all’ospedale di Torregalli evidenziò la presenza di un meningioma di 6 centimetri di diametro. I medici segnalarono subito la gravità ai colleghi dell’ospedale di Careggi. Nonostante l’urgenza del quadro clinico, l’operazione fu inizialmente fissata per il giorno successivo, poi slittò al venerdì, e infine venne programmata per lunedì 21 maggio. La paziente rimase in pronto soccorso per 82 ore, senza un adeguato monitoraggio neurologico.

Operata troppo tardi: il danno era ormai irreversibile

L’intervento fu eseguito solo nella notte tra il giovedì e il venerdì. Secondo il quotidiano Il Tirreno, il neurochirurgo comunicò ai familiari: “Intervento riuscito, ma la signora ha avuto danni cerebrali irreversibili”. Per i giudici, si è trattato di una catena di errori interpretativi. Le maggiori responsabilità, si legge nella sentenza, ricadono sulla scelta dei neurochirurghi di posticipare il trasferimento al 18 maggio e l’operazione al 21, ben sei giorni dopo la diagnosi.

La perizia medica conferma: il ritardo ha causato la morte

Il tribunale ha accolto la relazione dei periti, secondo cui “il differimento dell’intervento neurochirurgico non trova alcuna giustificazione”. Il decesso della paziente è stato attribuito alla somma di due gravi mancanze: da un lato la scelta errata di rinviare l’asportazione del meningioma, dall’altro la mancata osservazione neurologica attenta durante il ricovero in pronto soccorso. Secondo la perizia, “se l’intervento fosse stato effettuato come previsto martedì 15 maggio 2018, la prognosi sarebbe stata favorevole”.

Errore medico grave: stabilito il risarcimento record

Il giudizio finale stabilisce in modo netto le responsabilità delle due strutture sanitarie. Il continuo rinvio e l’assenza di sorveglianza avrebbero agito “in modo egualitario” nel determinare l’esito infausto. Un risarcimento di oltre 1,1 milioni di euro è stato quindi riconosciuto ai familiari, a fronte di una perdita evitabile e drammatica.
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