Simona, tetraplegica di 53 anni: “mi hanno tolto le terapie”

Simona, tetraplegica di 53 anni

Da 9 mesi l’hanno privata delle terapie di cui avrebbe diritto. Simona Parisi ha 53 anni ed è tetraplegica da quando ne aveva 18, a causa di un incidente stradale

Da 33 anni vive su una sedia a rotelle, ha perso l’utilizzo delle mani e ha enormi difficoltà respiratorie. Avrebbe bisogno di assistenza 24 ore su 24, ma il Servizio sanitario pubblico non riesce a garantirle le cure. Negli anni è riuscita a ottenere un contributo della Regione Campania per otto ore di assistenza giornaliere, il resto deve metterlo di tasca sua: “Se sono andata avanti è solo grazie alla mia famiglia, a chi mi vuol bene e al Signore. Spendiamo migliaia di euro al mese”.

Terapie sospese e lista d’attesa

Da luglio scorso, però, Simona, che vive a Napoli, in zona Arenaccia, ha ricevuto un ulteriore mazzata. Le terapie, che le permettevano di migliorare leggermente la sua mobilità e la sua respirazione, sono state sospese ed è finita nel vortice infernale delle liste d’attesa dei centri convenzionati con l’Asl Napoli 1 Centro.

“Da prescrizione dell’Azienda sanitaria locale io avrei necessità e diritto a cinque giorni a settimana di terapie domiciliari. – spiega – Ero da anni in cura presso una struttura del centro città, dal lunedì al venerdì veniva a casa un fisioterapista che mi permetteva di svolgere alcuni esercizi e movimenti per prevenire le piaghe da decubito e per migliorare la respirazione. Di recente, è stata introdotta la norma che ogni sei mesi bisogna ripresentare la domanda per accedere a queste cure. Quando a luglio, prima che finisse l’ultimo ciclo, ho inviato la mia domanda me la sono vista respingere e sono finita in lista d’attesa. Ho contattato altri venti centri, ma nessuno mi ha dato disponibilità per le terapie domiciliari”.

Che cosa dicono l’Asl e il Centro

NapoliToday ha provato a contattare il Centro, una nota struttura della zona di piazza Cavour, di cui per ora non facciamo il nome, per comprendere i motivi di tale azione nei confronti di Simona: “Quello che mi fu detto all’epoca è che non c’erano terapisti disponibili per le cure domiciliari”. Al momento, la struttura non ha risposto né alle nostre email, né alle telefonate. Ci riproveremo nei prossimi giorni. Nel frattempo abbiamo chiesto spiegazioni all’Asl Napoli 1 Centro, che avrebbe il compito di garantire l’accesso alle cure.

L’Azienda riferisce che, per tamponare l’emergenza, ha fornito alla paziente un proprio servizio di terapie domiciliari per due giorni a settimana e che, al momento, di più non può fare. “Purtroppo non bastano – precisa Simona – In nove mesi ho avvertito diversi peggioramenti, si sono formate piaghe e respiro sempre peggio“. L’Asl ci ha assicurato di aver avviato un ulteriore accertamento nei confronti del Centro per accertare le motivazioni che hanno portato all’interruzione delle cure e, in contemporanea, che è partita una ricerca a tappeto per trovare un posto in altre strutture convenzionate.

Il rifiuto dell’assistenza domiciliare

Simona Parisi ha provato anche un’altra strada, quella dell’Adi, assistenza domiciliare integrata. Rappresenta l’insieme delle cure socio-sanitarie, mediche, infermieristiche, riabilitative e assistenziali prestate al domicilio della persona in situazione di fragilità. Nonostante Simona non possa muoversi, nonostante abbia bisogno di assistenza anche per andare in bagno, mangiare e bere e necessiti dell’uso di un respiratore per diverse ore al giorno, l’Asl non ha mai accettato il suo accesso all’Adi.

“Le richieste le hanno fatte i miei medici curanti – racconta – In passato dicevano che non c’erano le risorse finanziarie, poi di recente le risposte sono diventate evasive. Ci sono mail in cui dicono di dover verificare se c’è posto, se ci sono gli estremi, quindi fino a oggi non ho avuto nulla”. La storia di Simona Parisi, 53 anni, tetraplegica da 33, racconta della difficoltà che ha il sistema sanitario pubblico napoletano a garantire le cure a chi ne ha bisogno per sopravvivere: “In questi anni ho visto calpestare i miei diritti in tanti modi: le terapie, i mesi di attesa per una visita e in tanti altri che non riesco neanche a raccontare”.
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