Con la cultura non solo si mangia, ma si può pure ’guarire’. O almeno, avere dei benefici fisici e psicologici quantificabili
Ne è convinto il Comune di Bologna, che si è messo in testa un’idea: prelevare campioni di saliva ai visitatori dei musei – in modo anonimo e volontario – per misurare quanto la cultura possa fare bene alla salute. A segnalare la cosa sono stati i delegati Cobas del Comune, in un dossier incentrato sul nuovo Piano strategico integrato del settore Musei civici presentato dal sindaco Matteo Lepore e dall’assessore alla Cultura, Daniele Del Pozzo, nelle scorse settimane.
I Cobas – che criticano in particolare le scelte su personale e organizzazione fatte dall’amministrazione – riferiscono dell’annuncio “di un protocollo con le Ausl per aprire ambulatori nelle sedi museali e prescrivere le visite ai musei da parte dei medici, nonché la ‘raccolta di campioni biologici in modo anonimo’ di ‘saliva, prima e dopo la visita’ per ‘analizzare cambiamenti nei livelli di stress o di attenzione’”.
Del resto, presentando il Piano, l’amministrazione aveva pubblicamente sottolineato l’intenzione di far diventare i musei anche spazi socio-sanitari di cura e benessere delle persone: “Come si fa a livello internazionale, nei più bei musei del mondo, vogliamo che i medici arrivino a prescrivere la visita dei nostri musei”, aveva dichiarato Lepore, incontrando anche un apprezzamento dalle file di FdI per bocca del consigliere comunale Giancarlo Pizza, ex presidente dell’Ordine dei medici di Bologna.
Si inserisce in questo solco, dunque, l’idea di prelevare i campioni biologici: un tema, segnalano sempre i Cobas, approfondito in un’intervista rilasciata da Pier Luigi Sacco, docente di Economia biocomportamentale all’Università di Chieti-Pescara, che ha curato il Piano strategico insieme alla direttrice dei Musei civici Eva Degl’Innocenti.
Le valutazioni dell’impatto della cultura sulla salute “possono essere effettuate utilizzando questionari mirati, costruiti con tecniche psicometriche”, spiega Sacco nell’intervista al periodico Vita. Però, “quando si affrontano temi delicati come la salute mentale o il benessere fisico dei visitatori – aggiunge il docente – è possibile misurare l’impatto in maniera più profonda raccogliendo, per esempio, campioni biologici in modo anonimo, con il consenso dei partecipanti e l’autorizzazione dei comitati etici competenti. Raccogliendo la saliva prima e dopo la visita, possiamo analizzare cambiamenti nei livelli di stress o di attenzione”. E se i visitatori sono disposti a ripetere la misurazione nel tempo, “possiamo osservare gli effetti a lungo termine di queste esperienze e come esse possano influire positivamente sul loro benessere”, chiude Sacco.
Intendiamoci, si tratta di un’idea, nel senso che non tutto quello che c’è scritto nel Piano verrà realizzato, fanno sapere dall’amministrazione, ma questo nuovo filone di welfare culturale è sicuramente tra gli obiettivi dell’amministrazione. Proprio oggi, va detto, uno studio dell’Università Bicocca, legato al Museo Reale di Milano, certificava come “passeggiare tra le opere di un museo riduca l’ansia e lo stress del 25 per cento, e del 20 per cento con forme di arteterapia o seguendo una visita guidata”. Le misurazioni, in questo caso, non sono state fatte con prelievi salivari ma con un dispositivo di brain-computer che, ovviamente su volontari, registrava l’attività elettro-corticale.
www.ilrestodelcarlino.it – foto Ansa