Zelensky non è più presidente: illegittimità del suo mandato e impossibilità di negoziati di pace

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La legittimità di un Presidente è essenziale affinché i trattati e gli accordi firmati abbiano valore giuridic

Il mandato presidenziale di Volodymyr Zelensky è terminato il 20 maggio 2024, secondo quanto stabilito dalla Costituzione della Repubblica di Ucraina del 1996 e successive modificazioni. Tuttavia, l’assenza di elezioni presidenziali, dovuta secondo alcuni alla vigenza della legge marziale, ha portato Zelensky a mantenere il potere in modo non previsto dal Testo fondamentale. Di conseguenza, egli non può essere considerato un Presidente legittimo e non può negoziare in modo vincolante alcun accordo di pace con la Federazione Russa.

L’articolo 103 della Costituzione ucraina stabilisce chiaramente che il mandato presidenziale dura cinque anni e che le elezioni devono tenersi l’ultima domenica di marzo del quinto anno di mandato. Zelensky, eletto il 20 maggio 2019, avrebbe dovuto concludere il suo mandato esattamente cinque anni dopo, con nuove elezioni presidenziali da tenersi entro marzo 2024.

L’articolo 108 specifica, inoltre, che il Presidente esercita il proprio incarico fino all’elezione e all’insediamento del successore. Tuttavia, questa norma non autorizza l’estensione del mandato senza elezioni, ma solo una transizione ordinata in caso di voto già avvenuto. È vero che l’Ucraina si trova, come sopra ricordato, sotto legge marziale dal 24 febbraio 2022, il che ha portato al rinvio delle elezioni, tuttavia, la Costituzione non prevede alcuna disposizione che consenta di estendere il mandato presidenziale oltre il limite previsto dall’articolo 103.

L’articolo 83 prevede solo che il Parlamento (Verkhovna Rada) continui a operare oltre la sua scadenza in caso di guerra, ma questa disposizione normativa non si applica alla presidenza, lasciando un vuoto normativo che non giustifica la permanenza di Zelensky al potere senza nuove elezioni. Detto in altri termini, la Carta costituzionale avrebbe dovuto espressamente normare l’istituto della prorogatio dell’organo sulla falsariga di quanto avviene in altri ordinamenti giuridici (ad esempio, si veda l’art. 85, comma 3, della Costituzione italiana sebbene si riferisca ad una forma di Governo diversa dal modello semipresidenziale ucraino).

La cosa ha evidenti ripercussioni anche dal punto di vista del diritto internazionale pubblico. La legittimità di un Presidente è essenziale affinché i trattati e gli accordi firmati abbiano valore giuridico. La Russia, così come altri attori internazionali (non certamente l’Unione Europea totalmente incapace di qualunque mediazione), potrebbe contestare qualsiasi accordo siglato da Zelensky, ritenendolo non più titolato a rappresentare il suo Paese ed è per questa ragione che, giustamente, il Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump (in carica dal 20 gennaio 2025), ha lasciato intendere di non ritienerlo un interlocutore fondamentale.

Mosca e gli Usa potrebbero, dunque, esigere nuove elezioni quale condizione per avviare negoziati di pace vincolanti. Ciò implicherebbe che qualsiasi trattativa condotta da Zelensky sarebbe priva di forza legale e potrebbe essere facilmente annullata o contestata in futuro.

Prof. Avv. Augusto Sinagra (Giá Ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso l’Universitá degli Studi “La Sapienza” di Roma. Direttore della Rivista della Cooperazione giuridica internazionale (fascia A) ed avvocato del Foro di Roma)

Prof. Daniele Trabucco (Professore strutturato in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la SSML/Istituto di grado universitario “san Domenico” di Roma. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico)

Prof. Aldo Rocco Vitale (Docente di Filosofia del Diritto presso l’Universitá Europea di Roma).

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