Tajani: “presentarsi davanti a Trump a parità di muscoli”

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«Di fronte a Trump stiamo ai fatti. Chi reagisce in modo scomposto poi corre il rischio di affondare» dice il ministro degli esteri Antonio Tajani in un’intervista al Corriere

Quando il mare si alza «non ci si agita sulla barca, o davvero si rischia di affondare. Si tiene il timone e, uniti, si affronta la situazione». Antonio Tajani, di ritorno da Monaco dove ha partecipato alla conferenza sulla Sicurezza che ha spaventato l’Europa di fronte ad un’America che sembra volerla mettere all’angolo, sembra molto meno agitato dei colleghi.

«Ho visto troppa ansia e nervosismo», dice il ministro degli Esteri, che ha incontrato per due volte il suo omologo Usa Marco Rubio e non ha tratto sensazioni così negative. Certo, quella che sta avvenendo in America è una rivoluzione vera, ma l’errore più grave che potrebbe fare l’Europa è quello di «reagire in modo scomposto». Non biso- gna insomma né «fare come Fracchia, —dice ironicamente — e prostrarsi davanti a Trump, né atteggiarsi a miles gloriosus».

Bisogna invece «contare sulla propria forza»

Quale? Per Tajani è evidente: «Siamo noi europei che abbiamo imposto le sanzioni alla Russia, nessuno può pensare realisticamente che questo non conti al tavolo delle trattative. Nessuno può parlare a nome nostro. Quindi ci sarà sicuramente la nostra voce, anche perché il sostegno all’Ucraina dell’Europa non è mai mancato».

È però sull’atteggiamento di Donald Trump che si è scatenato il panico. Raccontano di giornate nervosissime a Monaco, di una riunione dei ministri degli Esteri organizzata addirittura ieri mattina alle 7 per preparare il vertice «d’emergenza» voluto da Macron per oggi, che ha creato qualche malumore tra gli esclusi e ha provocato qualche dubbio pure fra gli inclusi, quasi che fosse una mossa del presidente francese in chiave di rafforzamento per- sonale.

Anche su questo il ministro degli Esteri consiglia calma, non farsi vedere agitati, non fare la voce troppo grossa e nemmeno mostrare terrore. Bisogna «stare ai fatti» e presentarsi davanti a Trump a parità di muscoli, per così dire. Intanto, aspettare per capire davvero cosa voglia ottenere, a partire dalla politica dei da- zi, sulla quale anche l’Europa ha i suoi argomenti da mettere sul tavolo, a cominciare dal fatto che è il primo mercato mondiale.

Il secondo, è rafforzare la propria difesa. Un po’ perché gli Usa lo chiedono a gran voce da tempo, essendo davvero sbilanciato il contributo alla Nato tra America e alleati, un po’ perché in futuro potrebbero aprirsi fronti diversi e l’Europa deve poter essere all’altezza. In questo, sarebbe molto positivo il risultato che si potrebbe ottenere «scorporando le spese militari dal Patto di stabilità» e magari con una sorta di eurobond europei o con altri strumenti del genere.

E l’altro grande obiettivo è quello di saper presentare proposte alternative a quelle degli Stati Uniti, che «restano il nostro alleato e un Paese amico». Per capirsi, se Trump parla di Gaza come terra da trasformare in riviera, l’Europa non può solo dire no ma deve fare una propria proposta. E «noi ci stiamo già lavorando, perché la via è quella di essere protagonisti». Anche offrendo contingenti in ambito Onu sia a Gaza che nel prossimo eventuale spazio di contro.  (askanews)