Una rappresentanza dell’unita nazionale “ad intermittenza”

Sergio Mattarella

Le dichiarazioni del Presidente pro tempore, Sergio Mattarella, com’è noto, hanno suscitato reazioni indignate da Mosca

a cura di Daniele Trabucco (*) ed Aldo Rocco Vitale (**)

Il Presidente della Repubblica, ai sensi del comma 1 dell’art. 87 della Costituzione vigente, è il garante dell’unità nazionale, una figura super partes che incarna i valori della Costituzione e difende l’interesse collettivo al di sopra delle divisioni politiche. Tuttavia, la recente crisi diplomatica con la Federazione Russa ha messo in luce un’interpretazione variabile di questo ruolo, che sembra adattarsi alle esigenze del momento più che a un principio costante.

Le dichiarazioni del Presidente pro tempore, Sergio Mattarella, com’è noto, hanno suscitato reazioni indignate da Mosca attraverso la portavoce del Ministro degli Affari esteri e la polemica tende a non placarsi. Questa fermezza nell’esprimere una posizione netta in un contesto geopolitico complesso contrasta con l’atteggiamento molto più cauto adottato in altre situazioni critiche per l’Italia.

Ad esempio, durante l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, il Capo dello Stato non ha assunto una posizione di difesa dell’unità nazionale contro decisioni che hanno limitato in maniera irragionevole le libertà individuali e frammentato il Paese. Le misure restrittive, tra lockdown, obblighi vaccinali e gestione della pandemia, hanno causato, infatti, profonde spaccature nella società italiana. Eppure, in quel frangente, non si è assistito a un intervento presidenziale deciso per garantire un equilibrio tra le esigenze sanitarie e la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. E il richiamo alle sentenze del 2023 della Corte costituzionale, che alcuni ritengono erroneamente aver «salvato» l’obbligo vaccinale, non rileva, trattandosi di pronunce di rigetto (ed in parte di inammissibilità) che non equivalgono, nel sistema italiano di giustizia costituzionale, ad una dichiarazione di conformità a Costituzione.

Analogamente, quando l’Italia ha dovuto accettare normative europee che hanno stravolto il sistema economico e sociale nazionale, con politiche di austerità e riforme imposte dall’Unione Europea, il ruolo del Presidente della Repubblica (non solo quello attuale) si è rivelato sorprendentemente passivo. Riforme pensionistiche, tagli al welfare e vincoli di bilancio hanno avuto e continuano ad avere un impatto diretto sullo Stato sociale italiano, peraltro in assenza di formali revisioni costituzionali ex art. 138 Cost., senza che il Capo dello Stato assumesse una posizione critica o a difesa di una più equa redistribuzione delle risorse per i cittadini.

Questo atteggiamento solleva interrogativi. Perché in alcuni momenti si manifesta una forte determinazione nel prendere posizione, mentre in altri si mantiene un profilo basso, anche di fronte a scelte che incidono profondamente sulla vita degli italiani?

La difesa dell’unità nazionale sembra essere evocata solo quando coincide con la linea politica dominante o con pressioni esterne, piuttosto che essere un principio guida costante dell’azione presidenziale.

In un periodo in cui la fiducia nelle istituzioni è in crisi, sarebbe auspicabile una maggiore coerenza nell’interpretazione della funzione presidenziale, affinché la difesa dell’unità nazionale non sia solo uno slogan utilizzato a intermittenza, ma un valore autenticamente perseguito in ogni contesto critico per il Paese.

(*) Professore strutturato in Diritto Costituzionale e
Diritto Pubblico Comparato
presso la SSML/Istituto di grado universitario
«san Domenico» di Roma.

(**) Docente di Filosofia del Diritto
presso l’Università Europea di Roma

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