Donald Trump avrebbe un piano per porre fine alla guerra in Ucraina e canali diplomatici avrebbero fatto già trapelare i dettagli principali
Come da promesse elettorali agli americani stanchi di “fare beneficenza” a nazioni lontane, la ricostruzione dell’Ucraina dovrà essere a carico dei Paesi europei. E forse anche la sua difesa.
La roadmap prevedrebbe i primi colloqui entro il 20 febbraio, in prossimità del terzo anniversario della guerra, con gli Usa che spingeranno quindi l’Ucraina ad accettare una tregua entro Pasqua. Circostanza supportata da un indizio: intorno al 20 febbraio è infatti prevista la visita in Ucraina dell’inviato speciale americano Keith Kellogg, che volerà in Europa per partecipare alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco.
Gli altri punti salienti del piano dell’amministrazione Trump, rivolto all’esclusiva attenzione degli ucraini, sarebbero i seguenti:
Cessate il fuoco entro il 20 aprile
L’Ucraina rinuncia all’ingresso nella Nato (almeno per il prossimo decennio, ndr)
L’Ucraina riconosce la sovranità russa sulle regioni annesse unilateralmente, in cui si è già svolto il referendum per passare sotto Mosca (il punto decisamente più critico di tutti, inaccettabile da Kiev, ndr)
L’Ucraina ritira le truppe dalla regione russa di Kursk
Creazione di una zona demilitarizzata presidiata da truppe europee, senza coinvolgimento diretto di ufficiali e soldati americani
Piano di ricostruzione da circa 486 miliardi di dollari finanziato da fondi Ue (stime confermate dal think tank German Marshall Fund, ndr)
Ciò che emerge di sicuro da questa prima bozza è che ci saranno due grandi scontenti: l’Ue e l’Ucraina. Gli Stati europei erano già finiti nelle invettive di Trump, che incarna le istanze di quella maggioranza di americani stanca di correre in aiuto e di inviare soldati oltreoceano. Che si difendano e si finanzino da soli: questa è la retorica del Maga. E, dunque, che si accollino la gestione e la ricostruzione materiale ed economica del Paese che li divide dalla Russia sul fianco sudorientale.
Un bel grattacapo, per un’Unione che mai come in passato è attraversata da faglie e divisioni interne tra un blocco chiaramente anti-russo (Polonia, Paesi baltici e scandinavi), Paesi dichiaratamente filo-russi (Ungheria e Slovacchia) e Paesi che non disdegnerebbero un disgelo con Mosca (Germania e Francia su tutti, al netto della propaganda, ma anche l’Italia).
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