Referendum Autonomia: che cosa dice realmente la Corte Costituzionale?

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di Daniele Trabucco – Nell’ esercizio della sua funzione di ammissibilitá dei quesiti sottoponibili a referendum abrogativo ex art. 75 della Costituzione vigente, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile quello relativo alla legge ordinaria dello Stato n. 86/2024 (c.d. legge Calderoli) in relazione alle parti ancora in vigore dopo la sentenza n. 192/2024 che ne ha affermato l’incostituzionalità parziale.

Al di là delle posizioni delle diverse forze politiche nessuna delle quali si interroga se l’art. 116, comma 3, del Testo fondamentale, introdotto dalla modifica del Titolo V nel 2001, sia realmente in grado di assicurare quello che promette, ovvero “forme e condizioni particolari di autonomia” alle Regioni ordinarie, c’é un passaggio della pronuncia del giudice della ammissibilità che fa riflettere molto e si presta a numerose critiche da parte della dottrina: stando almeno al comunicato dell’Ufficio stampa ed in attesa di conoscere le motivazioni, la Corte precisa che sarebbe da escludersi, per il futuro, qualunque consultazione referendaria abrogativa sulla legge di attuazione del comma 3 dell’art. 116.

Detto diversamente, pare che la suddetta legge di attuazione rientri nel novero delle “leggi costituzionalmente obbligatorie” o “costituzionalmente vincolate” per le quali, nonostante il loro rango di fonti-atto primarie, non sarebbe possibile avanzare richiesta di referendum abrogativo secondo la giurisprudenza inaugurata dalla Corte con la sentenza n. 16/1978. Una tesi sicuramente non accoglibile dai molti costituzionalisti, anche in ragione del fatto che la norma costituzionale, piú che problemi di attuazione, pone questioni di interpretazione.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

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