Era appena uscito dalla stazione Garibaldi quando è stato preso a calci, pugni e bottigliate da un gruppo di ragazzi nordafricani. Un massacro, quello avvenuto il 6 agosto 2023, durante il quale un componente del branco ha tirato fuori una lama e, mentre altri lo tenevano fermo e si accanivano, lo ha sfigurato con un taglio verticale lungo tutta la faccia. I segni dello sfregio sulla carne viva, tenuta insieme da ottanta punti di sutura prima e ricostruita con una serie di operazioni chirurgiche poi, sono visibili ancora oggi sul volto del 19enne ucraino, vittima di una furia inaudita.
Per questo il giudice del tribunale di Milano ha condannato cinque nordafricani per il reato di sfregio permanente al viso (introdotto con il così detto Codice rosso). Altri tre sono stati assolti. Resta però il dubbio su chi abbia materialmente usato la lama per rovinare la faccia del giovane dell’Est Europa.
Le condanne e il dubbio sulla lama
A un anno e mezzo dall’avvio delle indagini, coordinate dal pm milanese Leonardo Lesti, è arrivata la prima sentenza. Il 13 gennaio 2025, la giudice Anna Magelli ha sentenziato: tre condannati alla pena di 3 anni, 9 mesi e 20 giorni di reclusione; altri due condannati a 3 anni di reclusione. Le richieste della pubblica accusa andavano dai sei agli otto anni (a cui applicare la riduzione per l’abbreviato). Tutti dovranno sostenere le spese processuali; pagare una provvisionale di poco più di 46.286 euro; oltre al risarcimento danni al 19enne ucraino, che a processo si è costituito parte civile tramite gli avvocati Andrea Del Corno e David Paparoni, entrambi del foro di Milano. Inoltre per i cinque è prevista anche l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Nonostante le condanne, nel processo non è mai emerso chi sia stato a sfregiare la faccia del 19enne, nonostante si sia potuto appurare come uno degli indagati avesse con sè un taglierino, mentre un altro nasconesse una lametta nei calzini.
Ma alla sbarra di quel processo erano finite otto persone. A parte i cinque condannati, gli altri tre sono stati assolti dall’accusa di sfregio per non aver commesso il fatto. Per quanto concerne il reato di rapina, sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste. Il secondo capo di accusa era stato contestato dalla Procura di Milano alla gang magrebina perché, durante la violenza, il giovane era anche stato derubato del marsupio, nel quale teneva il telefono cellulare e i portafoglio. Il primo non è mai stato recuperato mentre il secondo è stato poi ritrovato vuoto, a terra, nei pressi di piazzale Sigmund Freud.
Dopo questa prima sentenza il procedimento penale prosegue. Nelle prossime settimane sono in programma altre udienze. Altri due ragazzi nordafricani hanno deciso di rinunciare a riti alternativi e si difenderanno in un processo ordinario. Inoltre si contano altri cinque coinvolti che, all’epoca dei fatti, erano minorenni e sono imputati in un procedimenti parallelo al Tribunale per i Minori del capoluogo lombardo.
La brutale violenza
La violenza si era consumata nel tardo pomerggio del 6 agosto 2023. Il giovane ucraino strava tornando a Milano insieme a un gruppo di amici. I due gruppi viaggiavano sullo stesso treno, in arrivo a Milano da Como. Prima le provocazioni sul convoglio. Poi il primo contatto nel sottopasso ferroviario, con la reazione della vittima designata. Infine la trappola, le botte e il colpo al volto. Undici uomini, tutti cittadini egiziani tra i 19 e i 36 anni, erano stati arrestati.
Stando a quanto ricostruito dalle indagini della squadra mobile e della Polfer, il branco aveva iniziato a provocare i rivali ancora a bordo del convoglio, per poi passare ai fatti sotto i binari della stazione di Garibaldi. Lì, infatti, i rapinatori avrebbero preso di mira in particolare il 19enne, facendogli uno sgambetto e rubandogli gli occhiali, che lui però è riuscito a riprendersi reagendo.
Una volta in piazza Freud, però, era scattato il raid brutale, violento. Alcuni componenti del gruppo, infatti, avevano preceduto il ragazzo e i compagni riuscendo a radunare fuori dallo scalo ferroviario altri complici, trovati nella vicina piazza Gae Aulenti. Quando il 19enne era uscito, erano pronti al massacro: avevano già raccolto bottiglie di vetro dai cestini e si erano sfilati le cinture. Il ragazzo aveva provato a parlare con uno di loro, ma da piazza Aulenti erano arrivati di corsa in tre, che avevano iniziato a colpirlo con calci, pugni e un fendente sferrato con un coccio di bottiglia al volto.
Non sarebbe stata la bottigliata però a sfigurarlo. Sarebbe stata poi l’analisi dell’equipe di chiururgia estetica ad accertare come quel tagli fosse compatibile con una lama. Un coltello o un taglierino. Tutte armi nelle mani di chi quel giorno ha parteciapato alla spedizione punitiva.
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