Ancona, ripudia la moglie con rito islamico: il Comune registra il divorzio

velo islamico

Torna in Bangladesh per ripudiare la moglie con il rito islamico e ottenere così il divorzio nel suo Paese, poi torna ad Ancona per far registrare il cambio del suo stato civile, e l’anagrafe del Comune riconosce l’atto

La storia, raccontata da Marina Verdenelli su AnconaToday, riguarda una donna di 37 anni originaria del Bangladesh. Il caso esplode a giugno: dopo essere fuggita insieme ai due figli piccoli in una casa protetta a causa dei maltrattamenti del marito 45enne, la donna aveva deciso di divorziare, scoprendo però che lo era già, a sua insaputa.

Se non che il ripudio non contempla tutte quelle garanzie che spettano alla moglie con il divorzio, come alimenti e partecipazione alle spese per i figli. Con la pratica del ripudio, che solo l’uomo è titolato a fare, è sufficiente infatti pronunciare per tre volte, in lingua araba, “io divorzio da te”, e la coppia è considerata divisa di fatto, senza che ci sia più nulla a dovere o a pretendere da una parte o dall’altra.

Il ricorso della donna: “Dal Comune un’occasione persa per schierarsi con le donne”

Attraverso i suoi legali, gli avvocati Andrea Nobili e Bernardo Becci, la 37enne ha ora avviato un ricorso in Corte d’appello per far annullare la registrazione anagrafica al Comune relativa al provvedimento straniero di divorzio, sulla cui validità in Italia si evidenzia un vuoto normativo.

ll Comune di Ancona, che non è coinvolto giuridicamente in giudizio, fa sapere che l’uomo ha presentando un atto di divorzio dal suo paese di origine “formalmente regolare”. “Stupisce e non poco”, osserva l’avvocato Nobili, che segue la donna, “la posizione assunta dall’amministrazione comunale, che pur non essendo parte processuale ha ritenuto di intervenire con una nota inviata all’autorità giudiziaria chiedendo di confermare l’atto di ripudio”.

“Si registra, sul piano politico amministrativo, una posizione stonata e incoerente. Il Comune di Ancona ha perso un’occasione per impegnarsi a tutelare dei diritti fondamentali e schierarsi al fianco delle donne che, in contesti culturalmente difficili, lottano per il riconoscimento dei propri diritti”.
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