di Daniele Trabucco – Il Ministro per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha sostenuto che la richiesta di mandato di arresto avanzata dalla Corte penale internazionale dell’Aja nei confronti del Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, non sará eseguita in caso di una sua presenza in Italia.
Ora, l’obbligo di darne seguito (che non fa venir meno il principio di presunzione di innocenza) non discende dal punto di vista del Ministro o del Governo della Repubblica nel suo complesso, ma unicamente dalla legge ordinaria dello Stato 22 luglio 1999, n. 232 contente l’ordine di esecuzione e l’autorizzazione alla ratifica dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale in vigore, per il nostro Paese, dal 01 luglio 2002.
Si é replicato che il Primo Ministro di Israele godrebbe, anche nel nostro Paese, delle immunitá (personale e funzionale) contemplate in primo luogo dalle consuetudini internazionali. Tuttavia, lo stesso Statuto di Roma del 1998 relativo alla Corte dell’Aja precisa, all’art. 27, primo paragrafo, che non solo la qualifica di Capo di Stato o di Governo non esonera una persona dalla responsabilitá (presunta ovviamente) per i crimini di competenza della Corte, ma, nell’art. 27, secondo paragrafo, stabilisce anche che le immunitá previste non impediscono alla CPI di esercitare la propria giurisdizione.
Del resto, non trattandosi di norme consuetudinarie di “jus cogens” quelle relative alle immunitá, nulla vieta ad un Trattato internazionale di potervi derogare. É evidente, comunque, come in queste situazioni prevalga sempre la Ragion di Stato…
Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista