di Daniele Trabucco – É arrivata la notizia ampiamente attesa: la revoca, per l’imprenditore svizzero-iraniano Abedini, della misura cautelare della detenzione in carcere da parte del Ministro della Giustizia pro tempore, dott. Carlo Nordio, ai sensi del comma 2 dell’art. 718 del vigente Codice di Procedura penale (Libro XI). Tutti, peró, a guardare il dito, anziché la luna.
La abilitá diplomatica di Giorgia Meloni (scarcerazione della Sala e poi rilascio di Abedini (doveroso in realtá già in precedenza, mancando i presupposti della doppia incriminazione sia per la normativa interna, sia per il Trattato di estradizione bilaterale Italia-Stati Uniti d’America) prima che Trump entri nel pieno delle sue funzioni il 20 gennaio 2025) certifica che siamo una “colonia ubbidiente a stelle e strisce”.
Certo, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha agito cercando di massimizzare la posta in palio e questo é fuori discussione ed é inevitabile che siano cresciuti i consensi in un Paese di “banderuole” (prima tutti fascisti, poi dopo il 25 luglio 1943 tutti antifascisti), ma il vero problema é un altro.
Se la politica diventa rinnegamento (cosa ben diversa dal legittimo ripensamento) in toto delle proprie idee (la Meloni dell’opposizione non é la Meloni governativa) per il mantenimento del potere e senza una classe dirigente degna di questo nome, preferisco la coerenza e la credibilitá, costi quello che costi, al trasformismo. Anche perché, calato il sipario sulla Sala (giusto liberarla, ma lo stesso impegno, dove ve ne fossero i presupposti, andrebbe messo per i circa 2.200 detenuti italiani all’estero), i dati Istat del terzo trimestre vedono un rialzo dei tributi in rapporto al PIL ed un calo vistoso del risparmio privato.
Il Governo della Repubblica replica che l’aumento é dovuto ad una crescita dei soggetti occupati (occupazione al 62,4%), ma questa risposta non tiene conto del c.d. “fiscal drag”, ovvero la quota di Irpef pagata dai lavoratori e dai pensionati per colpa dell’inflazione senza un reale aumento del reddito. Gli scaglioni dell’Irpef e le detrazioni non sono indicizzati all’aumento dei prezzi, per cui l’Irpef da pagare aumenta e il reddito reale diminuisce. E il graduale aumento degli stipendi legato all’inflazione, con il rinnovo (seppur tardivo) dei contratti e la parziale rivalutazione delle pensioni, ha fatto aumentare la quota di reddito che finisce in tasse. Eppure…tutti a guardare il dito…
Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista