Draghi: “Il modello export e salari bassi non è più sostenibile”

Mario Draghi

Le politiche europee hanno tollerato una bassa crescita salariale come mezzo per aumentare la competitività esterna, aggravando il debole ciclo reddito-consumo. C’era spazio fiscale per tutti i governi per appoggiarsi alla debole domanda interna. Ma almeno fino alla pandemia, in Europa hanno fatto una deliberata scelta politica di non utilizzare questo spazio. Lo ha detto Mario Draghi in un discorso a Parigi al Simposio Annuale del Centre for Economic Policy Research. Nel complesso, i decisori politici hanno rivelato una preferenza per una particolare costellazione economica: una basata sullo sfruttamento della domanda estera e sull’esportazione di capitale con bassi livelli salariali: Questa costellazione non è più sostenibile”, ha sottolineato.

“Dovremo fare i conti con la strategia della nuova amministrazione Usa”

“Da qualche tempo, il mercato cinese è diventato meno favorevole per i produttori europei, poiché la crescita rallenta e gli operatori locali diventano più competitivi e salgono nella catena del valore. Il rallentamento ha aumentato la nostra dipendenza dal mercato statunitense, ha ricordato Mario Draghi, e la nuova amministrazione statunitense sembra poco disposta a fungere da nostro acquirente di ultima istanza. Dovremo fare i conti con una deliberata strategia statunitense di sopprimere i surplus commerciali nei suoi principali partner commerciali” e cioè Cina ed Europa.

“L’Europa deve combattere per mantenere questa società e suoi valori”

“Tutti vogliamo la società che l’Europa ci ha promesso, una società in cui possiamo sostenere i nostri valori indipendentemente da come cambia il mondo intorno a noi. Ma non abbiamo alcun diritto immutabile affinché la nostra società rimanga sempre come la desideriamo. Dovremo combattere per mantenerla”.

“Se l’Ue continua con il suo tasso medio di crescita della produttività del lavoro dal 2015, date le nostre società che invecchiano, l’economia tra 25 anni avrà le stesse dimensioni di oggi. Ciò significa un futuro di entrate fiscali stagnanti e surplus fiscali per impedire che i rapporti debito/Pil aumentino.

Tuttavia, ci troviamo di fronte a impegni di spesa che non si ridurranno con il Pil: le passività pensionistiche non finanziate nei paesi dell’Ue vanno dal 150% al 500% del Pil, e la Commissione e la Bce stimano saranno necessari 750-800 miliardi di euro all’anno per investire in energia, difesa, digitalizzazione e R&S, e questo non include nemmeno obiettivi importanti come l’adattamento climatico e la protezione ambientale. Sono questi gli investimenti che determineranno se l’Europa rimarrà inclusiva, sicura, indipendente e sostenibile”.
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