Stralciate le intercettazioni che sostenevano la condanna a 13 anni di reclusione. In questo modo Mimmo Lucano, europarlamentare di alleanza Verdi-Sinistra nonché eroe dei migranti, è stato salvato dai giudici
di Massimo Balsamo – Come riportato dal Tempo, si tratta di un cavillo giuridico: il pubblico ministero che ha indagato sul modello Riace aveva richiesto le captazioni per truffa aggravata, collegata alla sottrazione dei fondi dell’emergenza migranti, ma venuta meno l’aggravante quelle intercettazioni incriminanti non possono essere utilizzate come prove. E parliamo di conversazioni particolarmente interessanti.
Assolto dalle toghe della seconda sezione della Corte d’appello di Reggio Calabia con la formula “il fatto non sussiste”, Lucano in quelle intercettazioni rivendica di essere un fuorilegge e di violare le leggi ingiuste dello Stato. 22 luglio 2017: il paladino della sinistra dà il via libera al rilascio di una carta d’identità falsa a una cittadina nigeriana che non risiede a Riace e non possiede il permesso di soggiorno (scaduto due anni prima). “Lucano, facendosi forte di quell’autorità incontrastata che egli riteneva di incarnare su quel territorio, decideva di rilasciare comunque il documento alla suddetta cittadina nigeriana”, la ricostruzione del tribunale di Locri:
“Sia perché era deputato a sottoscrivere i documenti di identità, essendo il responsabile dell’ufficio anagrafe e di stato civile, sia perché aveva assunto la reggenza del Comando dei vigili urbani, per cui si sentiva di poter omettere ogni controllo sulla residenza della richiedente, considerandola residente in Riace, pur essendo un dato contrario alla verità“.
Magistratura democratica e modello Riace
La confessione del reato è firmata dallo stesso Lucano. “Sono un fuorilegge io. Sono un fuorilegge” l’orgoglio del primo cittadino di Riace in una conversazione con Maria Caterina Spanò, suo assessore: “Perché io, per fare la carta d’identità, dovrei avere un permesso di soggiorno in corso di validità. In più lei deve dimostrare che abita a Riace… che ha una dimora a Riace”. Da queste intercettazioni emerge con forza la linea del politico reggino:
“Allora io dico così: non voglio mandare neanche i vigili, mi assumo io la responsabilità e gli dico: ‘Va bene, va’. Sono responsabile dei vigili, la carta d’identità, tre fotografie, all’ufficio anagrafe, la iscriviamo e gliela facciamo subito la carta d’identità… E proprio per… per disattendere queste leggi balorde, vado contro la legge un po’, vado contro la legge”.
Nonostante la palese confessione di Lucano, per la Corte d’appello va assolto per l’inutilizzabilità delle dichiarazioni della teste Carlino Carmelina, impiegata dell’anagrafe che si è opposta all’emissione di un documento di identità per tal Jawad El Bahri, altro migrante sotto l’ala protettiva del primo cittadino. Un’opposizione non accolta di buon grado dall’eurodeputato di Bonelli e Fratoianni: “Io odio lo Stato italiano” con tanto di bestemmie.
Come rimarcato dal quotidiano capitolino, la Carlino non è stata considerata una teste perché dopo un primo no all’emissione del documento, ha proceduto a soddisfare le richieste di Lucano, “circostanza che rende evidente il suo contributo partecipativo alla condotta oggetto di incriminazione di cui la firma del sindaco costituiva solo il momento terminale a conclusione del procedimento istruttorio retrostante e di manifestazione all’esterno della volontà dell’amministrazione”.
www.ilgiornale.it