Terremoto all’Agenzia delle entrate dove il direttore, Ernesto Maria Ruffini, si dimette in polemica con il governo
“Non scendo in campo, ma rivendico il diritto di parlare”, ha detto durante un’intervista con il Corriere della sera, rispondendo a una domanda sul suo possibile incarico da “federatore” dell’area centrista dell’opposizione. Cattolico progressista, avvocato tributarista e figlio dell’ex ministro Dc, Attilio Ruffini, il suo nome viene indicato già da tempo come possibile trait d’union per le anime centriste dell’opposizione.
“Ho letto che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo – ha detto il direttore nell’intervista -. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico. È stata fatta persino una descrizione caricaturale del ruolo di Direttore dell’Agenzia, come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi”.
“Non condivido – dice ancora Ruffini – il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette ed il senso civico per una scalata di potere. Non scendo e non salgo da nessuna parte”, ha assicurato.
Si è dimesso, spiega, “perché è l’unico modo per rimanere me stesso. Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l’uguaglianza. Ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico”, ha aggiunto definendo un “contesto cambiato” rispetto a quando ha assunto l’incarico o rispetto a quando ha accettato di restare con il cambio di governo”.
“Pubblici funzionari additati come estorsori, assurdo”
Ruffini insiste nel voler prendere atto di tutto questo. “Ma in tutti questi anni non mi era mai accaduto – sottolinea -. È stata fatta persino una descrizione caricaturale del ruolo di Direttore dell’Agenzia, come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi. Se le cose stanno così, mi sono detto, che senso ha rimanere?”.
Ma soprattutto Ruffini si focalizza sul clima mutato e sulla narrazione messa in campo intorno al ruolo dell’Agenzia delle entrate. “In effetti non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato. Oppure di sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore – spiega l’ex direttore”. E sostiene di aver “taciuto finora per senso dello Stato”. ;a spiega, “se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia. Personalmente – aggiunge – ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori”.
Sulla possibilità che il suo nome possa essere legato a un ruolo di “federatore”, dice: “Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli. Per natura tendo più a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune. Affidarsi a sedicenti salvatori della Patria non è un buon affare”, ha detto ancora.
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