Forse era dai tempi di “choosy”, dei ragazzi svogliati che non volevano lavorare che non si registrava sul sismografo della puzza sotto il naso un picco di queste dimensioni
La professoressa Fornero, ex ministro e donna di scienza e di studio, ci perdonerà lo sfogo figlio di ciò che abbiamo letto questa mattina sulla colonne della Stampa. Famola breve: basandosi sugli ultimi dati Ocse, la professoressa Fornero dipinge l’Italia con un “Paese che arretrando in balia di social e populismi“. Insomma siamo na massa di ignoranti che non hanno la minima percezione del futuro e come ebeti, questo lo diciamo noi estremizzando il Fornero-pensiero, stiamo davanti a smartphone, tablet e diavolerie tecnologiche che ci rincoglioniscono al punto di essere in balia del populismo. Termine ormai abusato che va bene per tutto: per definire le politiche di destra, per definire un pensiero di pancia, per definire una discussione da bar.
Sta di fatto che per la Fornero siamo sprofondati in una “povertà conoscitiva che aumenta insieme a quella economica, civile e culturale. Il modo italiano di “imparare facendo” non basta più a compensare la fragilità educativa”, è la lezioncina su cui prendere appunti. Leggere per credere: “Non è certo difficile rendersi conto del legame tra la povertà conoscitiva e quella economica: nel complesso, siamo diventati non soltanto più poveri ma anche più “fragili”, sia intellettualmente, sia finanziariamente, con la stazionarietà delle retribuzioni mentre i prezzi aumentano.
Rispetto alla media dei Paesi Ocse, abbiamo minori “competenze cognitive”, ossia ci fa difetto la comprensione anche di piccoli problemi, la capacità di vederne le interconnessioni, di utilizzare ragionamenti e strumenti logico-deduttivi e, talvolta, anche semplici calcoli matematici per cercarne una soluzione”. Insomma non veniamo definiti “cretini” solo per residuo bon ton nella scrittura dell’ex ministro che scoppiò a piangere dopo aver di fatto stravolto il sistema previdenziale su cui si regge questo Paese.
Ma non siamo solo “poveri” e con inferiori “competenze cognitive”. No, siamo pure “inadeguati”: “Una generale coltre di inadeguatezza sembra avvolgere il Paese, impedendogli di crescere, economicamente e civilmente, e spingendolo a cercare nei salvatori della patria e nei populisti il rimedio a problemi dei quali ignoriamo la complessità, consolandoci con l’individuazione di un (sempre troppo facile) colpevole (l’Europa è un target ricorrente). Un’inadeguatezza che deriva, anzitutto, dall’insufficienza del sistema educativo nel generare e trasmettere valori e competenze e nel favorire una visione basata, sia pure con la necessaria semplificazione, su conoscenze scientifiche acquisite e condivise”, scrive la Fornero.
Proprio sul finire di questo processo agli italiani c’è un sussulto: “Si può certo obiettare che queste graduatorie sono sempre costruite con metodologie discutibili e che, per esempio, l’indagine Ocse non misura la creatività, dove forse gli italiani si situano verosimilmente sopra la media”. Peccato che per ben cento righe la Fornero abbia dimenticato quel genio italiano che dal dopo-guerra ad oggi ha fatto crescere questo Paese, lo ha fatto progredire, lo ha posizionato costantemente nel progresso, sì capitalista (è un vanto) dell’Occidente.
E forse Elsa Fornero farebbe bene a guardare anche i dati Ocse sull’occupazione che proprio oggi fanno registrare un record per l’Italia: la disoccupazione è al 4,9 per cento. Non accadeva dal 1983. Allora questi italiani che sono così lenti sul piano cognitivo e inadeguati a quanto pare hanno ancora voglia di sbattersi, di dimenarsi e di lavorare. L’unica cosa che conta. E il lavoro nasce inevitabilmente dalla cultura, dalla preparazione e dallo studio. Con buona pace di chi vuol darci da una vita lezioni. Non solo dalla cattedra di un’università.
www.liberoquotidiano.it