Scudo penale per i medici verso il rinnovo

personale sanitario obbligo vaccinale

Si allunga fino alla fine del 2025 lo scudo penale per i medici, ovvero la clausola che protegge i camici bianchi dalle cause penali per colpa lieve, ma anche da quelle per errori gravi quando si lavora in condizioni di difficoltà, per esempio per carenza di personale.

La misura è contenuta nel decreto “Milleproroghe” che dovrebbe essere esaminato dal Consiglio dei ministri in programma lunedì 9 dicembre. Il testo contiene 20 articoli in materia di Pubblica amministrazione e Sanità. Su quest’ultima, il governo ha introdotto tra l’altro un nuovo rinvio delle sanzioni verso chi non si è vaccinato contro il Covid, violando gli obblighi di legge.

Medici: “Cause spesso temerarie”

Il rinnovo dello scudo penale era stato chiesto a gran voce dagli ultimi giorni dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), in vista della scadenza del 31 dicembre 2024.

La misura era stata introdotta durante il Covid per limitare la punibilità per reati commessi nell’esercizio della professione sanitaria in situazioni di grave carenza di personale sanitario, fermo restando per i cittadini la possibilità di ricorre al processo civile per ottenere il risarcimento.

La mancanza di organico nel frattempo si è però aggravata ulteriormente, ha sottolineato il Consiglio della Fnomceo, provocando “una crescente difficoltà nella pratica professionale, in termini di carichi lavorativi difficilmente sostenibili e di un pesante cumulo di responsabilità”.

Ci sono aspettative crescenti verso un sistema sanitario sempre più in crisi, rileva la Federazione dei chirurghi, che “grazie all’impegno della categoria, continua a produrre in carenza di risorse, rilevanti risultati di salute”. In questo contesto difficile si colloca il contenzioso penale, “spesso irragionevole e ai limiti della temerarietà”. Cause di questo tipo, “oltre a determinare un sovraccarico all’apparato giudiziario, demotiva i sanitari, sottoposti a lunghi percorsi di giudizio, che nel 97 per cento dei casi finiscono con un’assoluzione ma che in ogni caso comportano spese e irrimediabili danni reputazionali”, ha denunciato ancora la Federazione.
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