Come funziona il mandato d’arresto della Corte penale internazionale?

Corte dell'Aia

La Camera preliminare I della Corte penale internazionale che ha sede all’Aja, in Olanda, ha emesso, com’é noto, dei mandati di arresto (richiesti a maggio 2024) per il Premier dello Stato di Israele, Netanyahu, per l’ex Ministro della Difesa, Gallant, e per il leader di Hamas Deif.

Si tratta di una iniziativa simbolica, in quanto Israele, ma anche altri Paesi (ad esempio gli Stati Uniti d’America, l’India, la Repubblica Popolare Cinese), non hanno mai firmato lo Statuto di Roma, datato 17 luglio 1998 ed in vigore dal 01 luglio 2002, che disciplina la composizione, le competenze ed il funzionamento della Corte penale internazionale la quale giudica persone e non Stati. Non riconoscendone la giurisdizione, per Israele il mandato di arresto é ovviamente privo di qualunque efficacia giuridica.

A questo si aggiunga che la Corte penale internazionale non dispone di alcun mezzo di coercizione per costringere gli Stati firmatari a dare attuazione ai propri mandati di arresto. É vero, da un lato, che questi, in base allo Statuto di Roma, hanno l’obbligo di eseguire il provvedimento, tuttavia, dall’altro, gli interessi di natura geopolitica in campo sono talmente complessi e delicati che difficilmente sarà possibile portare davanti alla Corte i soggetti destinatari dei mandati.

I due precedenti illustri di Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa, e di Omar al-Bashir, ex Presidente del Sudan, dimostrano che i Governi spesso ignorano questi mandati, soprattutto quando coinvolgono figure politiche di alto profilo.

Prof. Augusto Sinagra
Prof. Daniele Trabucco

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