di Luca Fazzo – Neanche il tempo per la notizia dell’arresto di Rexhino «Gino» Abazaj, l’estremista milanese ricercato dall’Ungheria e catturato a Parigi, di diventare pubblica: ed ecco che ieri in sostegno del militante antagonista milanese scende in campo la più nota delle sue compagne di lotta. Ilaria Salis, eurodeputata di Avs, è anche lei accusata dalla magistratura di Budapest degli stessi reati di Abazaj, ma protetta dallo scudo dell’immunità parlamentare. E ieri chiama alla mobilitazione per impedire che il governo francese consegni il giovane all’Ungheria, in esecuzione del mandato d’arresto europeo spiccato nei suoi confronti.
Anche Abazaj, dicono i magistrati di Budapest, era nella capitale magiara nel febbraio 2023 a dare la caccia insieme agli autonomi tedeschi di Hammerbund ai militanti dell’estrema destra radunati per il «Giorno dell’onore», la cerimonia in ricordo delle vittime dell’Armata Rossa. Abazaj era arrivato a Budapest il 9 febbraio sullo stesso volo della Salis e di un altro estremista milanese, Gabriele Marchesi, ed è tornato in Italia il 13 febbraio successivo col volo delle 23,35: sullo stesso volo aveva un posto prenotato anche la Salis, che però non poté imbarcarsi perché arrestata nel frattempo.
«Gino libero, no all’estradizione!», scrive la Salis sul suo profilo Instagram. «Ho appreso, con grande preoccupazione, che la settimana scorsa è stato arrestato in Francia il mio amico e compagno Gino», scrive la ex maestra milanese, «ancora una volta il tiranno Orban prova a calpestare i valori dell’antifascismo e dello stato di diritto». La Salis pubblica una foto di Abazaj, «mio amico, compagno, fratello», affermando che «è arrivato in Italia quando aveva tre anni eppure, per colpa del razzismo sistemico del nostro paese, gli è stata negata la cittadinanza, con il pretesto di alcune segnalazioni di polizia per il suo generoso impegno come attivista nei movimenti».
Effettivamente, a Milano «Gino» era ben conosciuto dalla Digos ancora prima dei fatti di Budapest, era stato denunciato in occasione di manifestazioni e di scontri. E proprio per questo si era visto respingere ripetutamente le richieste di ottenere il passaporto italiano. La cosa non gli ha impedito né il viaggio a Budapest né poi l’espatrio in Francia, dopo che la magistratura ungherese lo aveva incriminato insieme alla Salis e altri due milanesi, Gabriele Marchesi e Romeo Anselmi, e un folto gruppo di militanti tedeschi.
Nei confronti di «Gino» però la tradizionale accoglienza francese verso i fuggiaschi politici sembra per ora non avere funzionato, è stato bloccato nei giorni scorsi e i rischi di una consegna immediata all’Ungheria sono concreti. Proprio contro questi rischi la Salis chiama alla mobilitazione: «La mia vicenda dimostra chiaramente che, per Gino e per tutti gli antifascisti, in Ungheria non è possibile aspettarsi né un processo giusto né una detenzione che rispetti i diritti fondamentali. Auspico che la stessa energia collettiva che è stata in grado di liberarmi e riportarmi a casa possa incidere sulla realtà anche questa volta».
Ma oltre che il «fratello e compagno» Ilaria Salis punta anche a proteggere se stessa: se la Francia rifiutasse la consegna di Abazaj accusando l’Ungheria di perseguitare il dissenso l’eurodeputata potrebbe fare valere questa decisione davanti alla Commissione Giustizia di Strasburgo, che prossimamente verrà chiamata a valutare
la richiesta ungherese di revocarle l’immunità parlamentare. Il governo ungherese accusa la Salis di essere una «criminale comune» e di farsi scudo dell’immunità per non rispondere dei delitti commessi a Budapest nel ’23.
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