Migranti, il decreto legge sui Paesi sicuri è del tutto inutile

migranti Marina

di Daniele Trabucco – L’elenco dei c.d. “Paesi di origine sicuri” ai fini del rimpatrio o della concessione della protezione internazionale é contenuto, sul piano interno, in un decreto interministeriale del 07 maggio 2024, adottato ai sensi dell’art. 2 bis del decreto legislativo delegato n. 25/2008. Il Governo della Repubblica ha deciso, nel Consiglio dei Ministri del 21 ottobre 2024, di utilizzare la decretazione legislativa d’urgenza, ricorrendo non piú ad una fonte secondaria di produzione del diritto, quale appunto il decreto interministeriale (un atto formalmente amministrativo, ma sostanzialmente normativo), bensì ad una di grado primario che tiene conto sia del principio oggettivo, ovvero le eccezioni relative alla singole aeree geografiche del singolo Stato, sia soggettivo, ossia quello riferito a determinate categorie di soggetti.

In realtá, si tratta di un espediente del tutto inutile

I giudici, infatti, in ragione del primato del diritto UE su quello interno, in ipotesi di antinomia tra una fonte derivata UE avente effetto diretto ed una fonte italiana, non applicano la seconda conformemente a quanto stabilito nella nota e storica sentenza n. 170/1984 (c.d. “Granital”).

Ora, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la recentissima sentenza n. C-406/22 del 4 ottobre 2024 (pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale di interpretazione richiesto da un giudice della Repubblica Ceca in merito ad un richiedente asilo proveniente dalla Moldavia ritenuta dalle autorità ceche “sicura” ad eccezione della Transnistria), ha stabilito che il giudice nazionale, quando esamina la legittimitá di una decisione amministrativa con cui si nega la protezione internazionale, ha sempre il potere di rilevare la violazione delle norme del diritto dell’Unione relative alla designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro.

Il giudice, in altri termini, ai sensi della direttiva UE n. 32/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, non solo é chiamato a rilevare d’ufficio se il Paese di provenienza é realmente sicuro, ma lo deve fare, ha puntualizzato sempre la Corte di Lussemburgo, rispetto ai criteri stabiliti dall’ordinamento comunitario che consentono ampi margini interpretativi. In concreto, il giudice potrá, qualora ravvisi un contrasto tra i criteri del nuovo decreto-legge e la direttiva n. 32/2013 (dotata in molti punti di effetto diretto tra i quali i criteri per l’identificazione dei c.d. “Paesi sicuri”), procedere alla non applicazione del nuovo provvedimento provvisorio avente forza di legge del Governo Meloni.

Pertanto, o questo Esecutivo, fintamente sovranista e totalmente allineato a Bruxelles e Wasghington, ragiona seriamente sulla opportunitá di rimanere o meno nell’Unione Europea (cosa che non farà mai), oppure dovrà sempre accettare le regole (benché discutibili) del diritto eurounitario. E a nulla vale il rilievo del Ministro dell’Interno pro tempore, dott. Matteo Piantedosi, per cui il decreto-legge del Governo ha semplicemente anticipato una normativa europea che entrerá in vigore nel giugno 2026, molto stringente sulla definizione di “Paesi di origine sicuri”.

Sul punto, due osservazioni: in primo luogo, i giudici sono tenuti ad osservare la normativa vigente e non quella che, in futuro, lo sarà e, in secondo luogo, la futura normativa, contenuta nel nuovo Patto su migrazione ed asilo 2024 e consistente nel regolamento UE n. 1348/2024 del Parlamento e del Consiglio dei Ministri, presenta non secondarie criticitá rispetto ai Trattato di Lisbona del 2007. Stiamo assistendo ad una nuova messa in scena dal Governo Meloni sia per nascondere l’insuccesso dell’accordo tra Italia ed Albania in materia di cooperazione migratoria, sia per distrarre l’attenzione dagli sbarchi frequenti a Lampedusa e sulle coste italiane.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista