Istat: in Italia 5,7 milioni di persone in povertà assoluta

rischio povertà

Un’Italia stabile nella sua povertà è quella fotografata dall’ultimo rapporto ISTAT che ha raccolto i dati del 2023. Sono 2,2 milioni le famiglie in povertà assoluta, l’8,4% del totale. E un terzo di queste ha almeno un componente straniero. L’incidenza invece diminuisce al 6,3% quando i componenti della famiglie sono soltanto italiani. Il fenomeno colpisce duramente 5,7 milioni di individui, pari al 9,7% del totale dei residenti in Italia.

Stabile al 10,6% la cosiddetta “povertà relativa familiare”. Stabile rispetto al 2022 anche la condizione dei minori a livello nazionale, con il valore più elevato dal 2014, ma si colgono segnali di peggioramento per i bambini da 7 a 13 anni del Centro (l’incidenza arriva dal 10,7% al 13,9%). L’intensità della povertà delle famiglie con minori, pari al 20,1%, è più elevata di quella del complesso delle famiglie povere (18,2%), a ulteriore testimonianza di una condizione di più marcato disagio. Inoltre si contano oltre 1,7 milioni di stranieri in povertà assoluta, con un’incidenza individuale pari al 35,1%, oltre quattro volte e mezzo superiore a quella degli italiani (7,4%).

Più diffusa la povertà assoluta tra le famiglie che vivono in affitto. Nel 2023, il 18,1% delle famiglie residenti in Italia paga un affitto per l’abitazione in cui vive; il 72,8% invece ha un’abitazione di proprietà. Sono circa un milione le famiglie povere in affitto, il 46,5% di tutte le famiglie povere, con un’incidenza di povertà assoluta del 21,6% contro il 4,7% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà (quasi 907mila famiglie). Per queste famiglie l’incidenza più elevata si registra nel Mezzogiorno (23,8%), seguono le famiglie del Nord e del Centro (rispettivamente 21% e 19,9%).

Per le famiglie proprietarie dell’immobile in cui vivono, l’incidenza si attesta su valori più bassi, con il massimo nel Mezzogiorno (6,7%) e il minimo nel Centro (3,6%).Tra le famiglie in affitto, sono più povere le famiglie con persona di riferimento fra i 35 e i 44 anni (pari al 24,9%), mentre quelle con persona di riferimento anziana, di 65 anni e oltre sono il 17,3%.  rainews.it

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