VENEZIA, 12 OTT – In Italia le Pmi vengono tassate 120 volte più dei giganti del web. E’ quanto sostiene, azzardando il paragone di Davide contro Golia, l’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia), contro la pratica di trasferire buona parte degli utili ante imposte realizzati in Italia nei paesi a fiscalità di vantaggio. Grazie a queste operazioni elusive, l’erario ha incassato da queste “WebSoft” solo le briciole. Se le nostre Pmi pagano ogni anno 24,6 miliardi di tasse, le 25 multinazionali del web presenti in Italia, invece, ne versano (dati Area Studi di Mediobanca) solo 206 milioni.
Le dimensioni economiche di queste due realtà sono molto diverse, ma, dal punto di vista degli artigiani mestrini, “il risultato che emerge è sconsolante”. Se le aziende italiane in esame producono un fatturato annuo 90 volte superiore a quello delle big tech, in termini di imposte ne pagano 120 volte di più. Se sui nostri imprenditori grava un tax rate effettivo che sfiora il 50%, sulle big tech esso si attesta al 36%.
L’Ufficio studi della Cgia ipotizza che solo le imprese presenti in Molise e in Valle d’Aosta paghino in termini assoluti meno tasse delle big tech ubicate nel nostro Paese. Se nella regione più piccola del Mezzogiorno il gettito delle principali imposte pagate dalle aziende residenti in questo territorio è pari a 175 milioni, e in Valle d’Aosta a 190, nel 2022 i giganti del WebSoft hanno prodotto 9,3 miliardi di fatturato e versato al fisco italiano complessivamente 206 milioni. Nulla a che vedere con quanto “contribuiscono” le imprese lombarde, che invece pagano all’erario 125 volte in più di quanto versano questi 25 colossi digitali, quelle laziali 56,7 volte in più, quelle emiliano-romagnole 38 e quelle venete 36,8. (ANSA)