Non è necessario dimostrare che la richiedente asilo rischi di essere oggetto di atti di persecuzione. E’ sufficiente prendere in considerazione la sua nazionalità’
BRUXELLES – La Corte di giustizie Ue, in seguito a chiarimenti richiesti da un giudice austriaco, dichiara che le autorità competenti degli Stati membri, nel valutare su base individuale la domanda di asilo di una donna di nazionalità afgana, “è sufficiente che sia preso in considerazione il sesso e la nazionalità di quest’ultima”, dato che le misure discriminatorie adottate nei confronti delle donne dal regime dei Talebani “costituiscono atti di persecuzione”.
Il caso riguarda due donne di nazionalità afgana che hanno contestato dinanzi alla Corte amministrativa austriaca il rifiuto, da parte delle autorità austriache, di riconoscere loro lo status di rifugiato con la motivazione che la situazione delle donne sotto il nuovo regime dei Talebani in Afghanistan giustifica di per sé la concessione di tale status”, recita la nota della Corte.
Secondo il giudice austriaco, il ritorno al potere di detto regime nel 2021 “ha gravi implicazioni per i diritti fondamentali delle donne”.
Il regime mette in pratica nei loro confronti numerose misure discriminatorie quali, per esempio, “privarle di qualsiasi protezione giuridica contro le violenze di genere, le violenze domestiche e il matrimonio forzato, obbligarle a coprirsi completamente il corpo e il volto, limitarle nell’accesso all’assistenza sanitaria e nella libertà di circolazione, vietare loro l’esercizio di attività lavorative o permetterlo solo in misura limitata, limitarle nell’accesso all’istruzione ed escluderle dalla vita politica”, si legge nel rinvio pregiudiziale del giudice austriaco. Il giudice ha quindi chiesto lumi alla Corte Ue.
In primo luogo, la Corte risponde che alcune delle misure in questione devono essere qualificate di per sé come “atti di persecuzione”, in quanto costituiscono una violazione grave di un diritto fondamentale. È il caso del matrimonio forzato, che è assimilabile ad una forma di schiavitù, e dell’assenza di protezione contro le violenze di genere e le violenze domestiche, che costituiscono forme di trattamento inumano e degradante. In secondo luogo, per quanto riguarda l’esame individuale della domanda di asilo di una donna di nazionalità afgana, la Corte tiene conto della situazione delle donne sotto l’attuale regime talebano.
“La Corte dichiara che le autorità competenti degli Stati membri possono considerare che non è necessario dimostrare che la richiedente rischi effettivamente e specificamente di essere oggetto di atti di persecuzione in caso di ritorno nel suo paese d’origine: è sufficiente prendere in considerazione la sua nazionalità e il suo sesso”. Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile. ANSA