La cieca fiducia nella magistratura è del tutto irrazionale

toghe rosse

Solo un cretino potrebbe affermare apoditticamente che l’azione della magistratura sia sempre e comunque indipendente

di Savino Balzano – Quello di giudicare è un potere, come lo è quello di accusare (senza considerare tutto il lavoro preliminare di indagine), e ogni potere è esercitato da una persona. Quella persona detiene un vissuto, delle idee, dei convincimenti, una fede: è impossibile che la sua azione interpretativa non sia condizionata dalla sua imperfettissima umanità: è un aspetto noto a chi studia il diritto (in maniera seria) e negare questa circostanza è da sciocchi. C’è chi scrive, da tempo, che esiste una componente di vera e propria “creazione” nella fase interpretativa, mentre altri parlano più romanticamente di “diritto vivente”.

Ciò premesso, la cieca fiducia nei confronti della magistratura è del tutto irrazionale: vi fidereste ciecamente di un avvocato difensore che non conoscete? di un chirurgo? di un politico? E allora perché diavolo dovremmo avere fiducia senza se e senza ma nel magistrato? La fiducia cieca diventa fede e io ho fede solo in Dio.

La magistratura è un potere che il politicamente corretto non consente di criticare, un po’ come il Presidente Della Repubblica, ma la verità è che la magistratura è solo tristemente necessaria: se non si vuole precipitare nel disordine, è gioco forza dotarsi di un apparato dirimente. Ma questo è: nulla di più. Sotto la toga ci sono uomini come noi: gente onesta e disonesta, gente che si lava e gente che puzza, c’è quello fedele alla moglie e quello che le mette in testa tante corna quante ne conti in una cesta di lumache, c’è Borsellino e chi ha provato ad affossare la carriera di Falcone. C’è ‘sta gente qui, sotto la toga: non ci sta Gesù Cristo.

E dunque possiamo criticare e dobbiamo essere severi coi giudici tanto quanto lo siamo con la politica: la magistratura, alle volte, profittanto della debolezza della politica, interviene indebitamente laddove non dovrebbe farlo e constatarlo non è una bestemmia. Si potrebbero rievocare tante vicende, certamente in molti di noi la memoria corre alle pagine assai assai controverse scritte sul calare della Prima Repubblica, ma stiamo all’oggi.

La richiesta di condanna avanzata contro Matteo Salvini è politica: è una valutazione politica quella di subordinare il rispetto dei confini nazionali (dai quali deriva la sovranità necessaria all’affermazione di qualsiasi diritto) ad altro; è una valutazione politica (quasi metapolitica, addirittura) quella che riconduce a Salvini il proposito di accrescere il proprio consenso, piuttosto che perseguire l’indirizzo politico del Governo; è una valutazione politica quella di chi ritiene che accogliere senza se e senza ma i migranti sia più “umano” di chi con fermezza cerca di arginare la tratta degli schiavi del nostro tempo; è una scelta politica quella di guardare a strutture sovranazionali o internazionali nell’affrontare una questione epocale, quale il fenomeno migratorio, nello stesso tempo in cui quelle medesime strutture lasciano l’Italia da sola a farvi fronte.

Questa è maledettissima politica e la politica non è un affare del giudice. Quelle citate sono tutte valutazioni politiche e non spettano al magistrato: spettano alla politica e all’opinione pubblica che la valuta. Non lasciamoci confondere: un conto è quando il giudice, doverosamente, interviene laddove il politico commette irregolarità formali; altra cosa è quando il magistrato, sotto la veste di tale tipo di intervento, giudica l’orientamento politico di chi compie le sue scelte, mentre quest’utltimo è forte del mandato popolare ed è componente di un esecutivo che lo sostiene. Sull’atteggiamento di Conte di queste ore stendiamo un velo pietoso, che è meglio. Anche perché non merita nemmeno un commento.

Il contrasto col diritto internazionale è un altro argomento fragile: è la magistratura, eventualmente, a doverlo ravvisare e ad applicare i rimedi di volta in volta previsti. L’operatore (in questo caso il Ministro) applica le leggi dello Stato.

La richiesta di 6 anni per Salvini è del tutto fuori dal mondo è fa benissimo la maggioranza a fare quadrato contro un’iniziativa che, è vero, rappresenta un precedente gravissimo (l’ennesimo). E nessuno confidi nel Csm: è presieduto da uno che ha respinto la proposta di Savona come Ministro, in quanto le sue idee politiche (appunto) avrebbero rischiato di destabilizzare i mercati. Mi pare abbastanza evidente che la politica finisca sotto la macina di altri “poteri”, quando non segue un preciso percorso, precedentemente tracciato.

Per inciso, passando di palo in frasca (o forse no?), hanno appena ritentato di ammazzare #Trump: mala tempora currunt.

Lo scrive su X Savino Balzano – Sindacalista, Opinionista Radio e TV

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *