Pavel Durov, fondatore e capo di Telegram, “non accetterà di fornire informazioni sensibili” per la Russia ai Paesi occidentali dopo il suo arresto a Parigi. Ne è convinto il capo dei servizi d’intelligence russi per l’estero, Sergei Naryshkin. “Mi aspetto che non lo farà”, ha affermato Naryshkin rispondendo a una domanda in proposito. Lo riferisce l’agenzia Tass.
Durov, fondatore e amministratore delegato di Telegram, è stato arrestato in Francia appena sceso dal suo aereo privato sulla pista dell’aeroporto Le Bourget, alla periferia di Parigi. Durov ha la cittadinanza di quattro Paesi: Russia, Francia, Emirati Arabi Uniti e Saint Kitts and Navis, paese indipendente del British Commonwealt.
Il fondatore di Telegram ha rivelato di recente a Tucker Carlson che l’FBI ha contattato un ingegnere di Telegram, tentando di assumerlo segretamente per installare una backdoor che avrebbe consentito alle agenzie di intelligence statunitensi di spiare gli utenti.
L’FBI ha anche assunto agenti per infiltrarsi nei gruppi Telegram “anti-vaccini”, con personale esterno dell’FBI che ha creato diverse false identità online per unirsi alle chat room gestite da gruppi che si oppongono all’obbligo vaccinale.
Il vicepresidente della Duma di Stato, Vyacheslav Davankov, ha esortato il Ministero degli Esteri russo a chiedere la liberazione di Pavel Durov. Ha anche inviato un appello simile a Sergei Lavrov. Il vicepresidente ha aggiunto che l’arresto dell’imprenditore era di natura politica e serviva per ottenere l’accesso alle informazioni personali degli utenti di Telegram.
Marcello Foa: “La Francia di Macron è riuscita laddove la Russia di Putin aveva fallito: arrestare il fondatore di Telegram Pavel Durov per il suo rifiuto di partecipare a una censura di Stato.
Le accuse di complicità in reati quali traffico di droga e altro sono palesemente strumentali. Il vero obiettivo è la limitazione della libertà di parola sui #social media.
Questo episodio è gravissimo e dovrebbe far riflettere chiunque sul rispetto dei valori delle democrazie occidentali. Un rispetto sempre più retorico.”