Sono ormai ripartiti i lavori al Ministero dell’economia e delle finanze sulla prossima manovra che vede come prima tappa la presentazione a Bruxelles del Piano strutturale di bilancio, il documento richiesto dalla nuova governance europea. Si accelera sulla predisposizione del Piano che, a quanto si apprende da fonti parlamentari, potrebbe essere portato in Consiglio dei Ministri nella prima settimana di settembre, per consentire il passaggio nelle Camere (non previsto dalla procedura europea ma chiesto dai parlamentari nelle Commissioni bilancio e accordato dal governo) in tempo utile a rispettare il termine del 20 settembre per l’invio alla Commissione europea.
Il Piano strutturale aggiornerà le previsioni e conterrà il quadro programmatico della finanza pubblica, dopo che il Documento di economia e finanza (Def) ha descritto solo quello tendenziale in attesa, appunto, del nuovo Patto di stabilità europeo.
La traiettoria di riduzione del deficit in 7 anni, come sarà probabilmente consentito all’Italia, prevede una correzione strutturale dello 0,5-0,6% l’anno, pari a circa 12 miliardi di euro. Una cifra importante considerando anche le misure ‘base’ che il governo intende confermare per il 2025, a partire dal taglio del cuneo contributivo e l’avvio della riforma dell’irpef, che valgono complessivamente 15 miliardi circa.
A queste vanno aggiunte le spese cosiddette ‘indifferibili’ (ad esempio il rifinanziamento delle missioni internazionali e le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici) e gli eventuali altri interventi che le forze politiche di maggioranza stanno sollecitando, come l’aumento delle pensioni minime chiesto da Forza Italia e quota 41 per le pensioni con il sistema di calcolo contributivo, chiesta dalla Lega, o la flat tax incrementale.
Qualche buona notizia giunge dall’andamento delle entrate tributarie e dai dati sul fabbisogno, che a luglio è stato in linea con le previsioni e ad agosto, secondo alcune anticipazioni, potrebbe risultare di 4-5 miliardi migliore delle attese. Indicazioni utili e positive che avranno effetti anche sulle previsioni per il prossimo anno. Ma la ricerca delle risorse di copertura resta sempre la parte più difficile della manovra. Sembrano inevitabili interventi restrittivi sulle pensioni, tra cui l’allungamento di 6-7 mesi della finestra di uscita per chi lascia il lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi, la stretta sulla rivalutazione, lo stop a misure come opzione donna e ape sociale che non verrebbero prorogate. Nel menù all’attenzione dei tecnici del Mef anche una nuova fase di spending review e il riordino delle tax expenditure e dei diversi bonus. (askanews)