Le aporie dell’ideologia gender

transgender

L’ideologia «gender» e la sua forza decostruttiva sono l’espressione dell’autodeterminazione del mero volere, quale causa del traffico insaziabile dei diritti, ma non della persona

Testo della relazione tenuta ad Urbino il 27 luglio 2024
Il termine inglese «gender» si può rendere, malamente, in lingua italiana con la parola «genere», la quale indica sia la categoria concettuale cui appartengono cose o persone che hanno in comune proprietà essenziali e differiscono per quelle inessenziali (ad esempio, il genere umano), sia per indicare la distinzione tra il maschile ed il femminile. Tuttavia, è nell’ambito della letteratura anglosassone, ove il gender si contrappone al sex, che possiamo coglierne il significato profondo: mentre quest’ultimo indica la condizione biologica dell’uomo e della donna, il gender, viceversa, indica la percezione psicologica interiore della propria identità (il come ci si sente), ma anche la condizione sociale, culturale e storica esteriore (come si appare agli altri), nonché, da ultimo, la scelta e la preferenza rispetto al rapporto con l’altro.

Gender

Si tratta di un termine nato all’interno della psicosessuologia e utilizzato per inquadrare casi particolarmente delicati: ad esempio, la non corrispondenza tra il sesso incarnato ed il gender vissuto psicologicamente, ovvero sul piano della percezione del sé.

Il pensiero politico post-moderno, pur insistendo molto sulla «gender revolution» al fine di modificare il paradigma antropologico ereditato dal mondo classico, sta al contempo delineando teorizzazioni post-gender, volte cioè a decostruire sia il sex, sia il gender, pretendendo non solo un allontanamento dalla natura intesa in senso biologico, bensì pure dalla cultura, vera causa della «naturalizzazione» in quanto concepita quale imposizione costrittiva. Il tutto al fine di esaltare la pulsionalità istintiva, anche transitoria, di identità molteplici e plurime.

Ha ragione l’amico e collega prof. Aldo Rocco Vitale quando, in relazione alla voce gender contenuta nella sua opera «Introduzione alla bioetica» del 2019, sottolinea con forza come «tale forma ideologica consiste in una totale alterazione dei rapporti tra natura e cultura, così che i dati naturali vengono dapprima letti alla luce dell’influenza culturale e successivamente negati nella loro normatività» con la conseguenza di una visione monadica ed individualistica dell’essere umano.

La sentenza della Corte costituzionale italiana

Che cosa fa se non questo la Corte costituzionale italiana quando, nella sentenza n. 221/2015, prendendo atto dell’evoluzione culturale e ordinamentale (la società è regola per la Costituzione modulare), riconosce l’identità di genere quale componente dell’identità personale e, dunque, a pieno titolo tra i diritti fondamentali della persona?

E di recente il giudice delle leggi, nella sentenza n. 143/2024 (non serve l’autorizzazione del giudice al cambio di sesso per le persone transgender), pur non sdoganando il «terzo genere», ha ritenuto che la percezione dell’individuo di non appartenere né al sesso femminile, né a quello maschile, da cui nasce l’esigenza di essere riconosciuto in una identità «altra», generi una situazione di disagio significativa rispetto al principio personalistico cui l’ordinamento costituzionale riconosce centralità (art. 2 Cost.) e di cui il legislatore deve farsi interprete.

La Corte sfrutta, in questo modo, il principio personalistico di cui all’art. 2 Cost., assumendo la prospettiva della persona come progetto sartiano in evoluzione, continuamente in fieri che consente, in pieno spirito illuministico, la assolutizzazione dell’individuo, la totale autodeterminazione del suo velle sia pure nell’ambito di alcuni limiti posti dall’ordinamento positivo, ma sempre potenzialmente spostabili in avanti.

Le conseguenze

Quali le conseguenze di questa libertà che, da dovere morale, si trasforma in una «pretensione tirannica», secondo l’espressione che il venerabile Papa Pio XII (1939-1958) utilizza nel suo radiomessaggio natalizio del 1944 interrogandosi sul fondamento delle democrazie, di dare libero sfogo agli impulsi ed appetiti umani? Attraverso le alterazioni del linguaggio, che influenza il diritto, la cultura etc., si instaura il tentativo non solo di cambiare il reale, ma di prescindere dallo stesso. Non c’è alcuna essenza nell’uomo, esso è gramscianamente un «prodotto sociale».

Ora, contro il pensiero illuministico-giacobino, dobbiamo ammettere con Rosmini (su alcuni punti si allontana dal pensiero aristotelico-tomista) che la libertà della persona trova un limite nella persona medesima, derivante dall’ordine morale che, a sua volta, è l’espressone dell’ordine metafisico. La sua negazione porta alla contraddizione per cui l’uomo non ha dei fini connaturati alla sua natura, che per lui è indifferente essere A anziché B, è indifferente vivere o uccidersi. Ed è proprio l’indifferentismo sotteso al gender che pone le premesse della guerra di tutti contro tutti, in quanto ciascuno pretende il riconoscimento di quella «pretensione», come la definivamo prima, non solo per sé, ma anche nel contesto in cui opera e vive.

In questo modo, la libertà negativa diventa essa stessa ordine, un ordine che si staglia contro l’essere. Non ci rendiamo conto che il pensiero, il quale afferma la totale insignificanza della differenza sessuale e persegue la conseguente rimozione dei due sessi in vista di un più ampio e meno costringente gender, è contradditorio, dal momento che vuole liberare il soggetto dalla differenza tra maschile e femminile, ma finisce per reintrodurre il dominio del neutro, ovvero di un nuovo prodotto sociale.

In conclusione, dunque, l’ideologia «gender» e la sua forza decostruttiva sono l’espressione dell’autodeterminazione del mero volere, quale causa del traffico insaziabile dei diritti, ma non della persona secundum esse. La natura della persona non è vitalistica (è il personalismo di Mounier), ma razionale (dimensione che l’ideologia in esame ha volutamente omesso). Dal velle volutum, ossia dall’esercizio di una volontà umana priva del principio razionale, emerge fabrianamente la chiusura, da parte del pensiero filosofico-giuridico moderno, nei confronti dell’essere che siamo chiamati a recuperare, pena il rifiuto, come scriveva il prof. Emanuele Severino (1929-2020), della propria umanità.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista