Le voci rimbalzano dai pianerottoli ai cortili. «Stanno arrivando in massa…» Timori che rischiano di sfociare in tensioni nella pancia dei caseggiati popolari
di Massimo Sanvito – L’osservato speciale è un alloggio al secondo piano di via Pascarella 20, una palazzina recente ristrutturata di proprietà del Comune di Milano, tra Quarto Oggiaro e Bovisasca. Una delle tante periferie-polveriere. E proprio dietro quella porta la situazione sta sfuggendo di mano. L’appartamento, infatti, sarebbe stato assegnato a un discendente di una delle famiglie sinti più note in città e non solo. Sia chiaro: un atto legittimo, nell’ambito del filone dei Servizi abitativi transitori, offerta (e accettata) come alternativa allo sgombero del campo rom di via Bonfadini dopo cinquant’anni di illegalità e degrado. Si dà però il caso che, stando a quanto risulta a Libero, abbiano già fatto capolino altri (ex) nomadi: parenti dell’affittuario ma senza alcun titolo a risiedere lì. Dall’assegnazione regolare al subaffitto (oneroso o meno non fa differenza) il passo è spesso molto breve.
Via Pascarella ma non solo
Anche le vicinissime via Simoni e via Lopez sono cerchiate in rosso. Stesso quartiere e stesse preoccupazioni. Infatti, in questi complessi di edilizia pubblica si stanno trasferendo, o lo hanno già fatto, i sinti del fu insediamento stretto tra l’Ortomercato e i binari della ferrovia. Palazzi abitati in prevalenza da anziani e da famiglie con fragilità, che tutto vogliono meno che veder gravate da ulteriori difficoltà le proprie vite.
I PRECEDENTI SPAVENTANO
Quando i rom, parliamo di quelli italiani, hanno traslocato dai campi agli alloggi – l’esempio delle “Case bianche” di via Salomone fa scuola per tutti – la convivenza è stata sin dal primo giorno impossibile o quasi. Che l’ottenimento di case popolari sia il grimaldello per aprire le porte a famigliari, amici e conoscenti, del resto, è uno schema consolidato nelle abbandonate periferie milanesi. «Perché li mandano tutti da noi? Ci diano pure dei razzisti ma qui si tratta solo di volere il rispetto delle regole. Ognuno ha già i suoi problemi, non ne vogliamo degli altri… Sappiamo tutti come viveva questa gente in via Bonfadini: c’è forse qualcuno che vuole il bis?», spiega un residente di via Pascarella. Da Quarto Oggiaro a Niguarda. Via Ciriè è l’indirizzo designato per i rom freschi di sgombero.
Qualcuno si è già lamentato del fatto che l’appartamento ottenuto non sia idoneo alle proprie esigenze famigliare perché troppo piccolo, nonché della fatiscenza dei balconi. Riguardo quest’ultima, in effetti, visto lo stato delle strutture le rimostranze sono più che lecite. Non si esagera, infatti, se si dice che i “terrazzini” scrostati all’inverosimile sembrano poter crollare da un momento all’altro. Ma tant’è. Anche i rom, esattamente come tutti gli altri, dovranno accontentarsi.
Gli altri, appunto. Il quartiere che protesta. “Non siamo affatto contenti del loro arrivo”, racconta un inquilino delle case popolari. «Sono persone che non conoscono regole e sappiamo già che non pagheranno mai. Sono abituati così. Poi, però, girano con macchine da 50/60.000 euro...», continua. E che non hanno intenzione di saldare gli affitti lo hanno detto i rom stessi non appena hanno dovuto abbandonare il campo che è stato il loro fortino. Qui, infatti, non hanno mai scucito un solo euro. «Volevamo arrivare aun accordo col Comune per pagare, però non ci hanno mai ascoltato», la loro giustificazione.
«QUI NON VIVIAMO PIÙ»
«Gli appartamenti vuoti, e ce ne sono tanti, il sindaco dovrebbe darli ai bisognosi italiani. A Niguarda, invece, gli italiani stanno scomparendo: siamo pieni di musulmani e ora cominciano a vedersi pure i rom. I giardini del quartiere, la sera, sono diventati inavvicinabili per noi», spiega ancora il residente di Niguarda. I quartieri popolari scelti dal Comune per ricollocare la comunità di via Bonfadini trattengono il fiato. L’assalto dei nomadi alle case popolari è appena cominciato.
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