La questione delle fonti di energia rinnovabile in Sardegna

pale eoliche

LA QUESTIONE DELLE FONTI DI ENERGIA RINNOVABILE IN SARDEGNA:
TRA «MORATORIE», AUTONOMIA REGIONALE SPECIALE ED INTRECCI DI COMPETENZE

a cura di Augusto Sinagra (*) e Daniele Trabucco (**)

La Sardegna, una delle più belle Regioni d’Italia con un popolo straordinario attaccato alla sua terra ed alla sua storia, sta lottando giustamente contro la speculazione energetica che sfrutta i fondi del Piano nazionale di ripartenza e resilienza per realizzare nuovi impianti eolici e fotovoltaici.

A riguardo la stessa Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni ed esami, ha evidenziato in modo chiaro e netto come nella Regione Sardegna sia «in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto» (Cfr. nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).

​Per porre un freno a questa speculazione, il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge 03 luglio 2024, n. 5 la quale ha introdotto, in via provvisoria, una moratoria di diciotto mesi sulla realizzazione di nuovi impianti di produzione ed accumulo di energia da fonti rinnovabili con esclusione di quelli finalizzati all’autoconsumo e quelli ricadenti nelle comunità energetiche rinnovabili, sfruttando la propria competenza esclusiva o primaria in materia di paesaggio che, pur non essendo espressamente prevista nello Statuto speciale (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 e successive modificazioni), è stata ricondotta dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 51/2006) al «governo del territorio» (urbanistica ed edilizia) e, dunque, all’art. 3, lett. f), della fonte statutaria vigente.

Ora, al di là del fatto che la legge regionale sarda pare violare l’art. 20, comma 6, del d.lgs. n. 199/2021 il quale, nelle more della individuazione delle aeree idonee, vieta qualunque moratoria, che non prende in considerazione i numerosi progetti di centrali eoliche offshore e non incide sui procedimenti autorizzativi di rilievo nazionale, aprendo il fianco a non poche azioni risarcitorie per le procedure avviate al momento della sua entrata in vigore, sul piano strettamente costituzionale siamo in presenza di una fonte-atto che, se sará impugnata dal Governo della Repubblica in via d’azione ai sensi dell’art. 127 della Costituzione repubblicana (applicabile anche alle Regioni a Statuto speciale in ragione della clausola di adeguamento di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, consentendo un margine più ampio di autonomia rispetto alla disciplina statutaria di controllo), potrebbe condurre ad una declaratoria di incostituzionalità da parte del giudice delle leggi.

In particolare, la Corte costituzionale ha spesso affermato l’insussistenza di una competenza legislativa primaria in materia di governo dell’energia in capo alle Regioni ad ordinamento differenziato. Infatti, e solo con riguardo alle fonti di energia rinnovabili, la Corte ha sostenuto che la diversa «competenza primaria attribuita ad una Regione speciale o ad una Provincia autonoma in materia di tutela del paesaggio rende inapplicabili alle suddette autonomie speciali le linee guida nella loro interezza, ma non esonera le medesime dall’osservanza delle disposizioni a carattere generale contenute nelle linee guida» (cfr. sent. n. 224/2012 e, recentemente, sent. n. 58/2023 sempre Corte cost.).

D’altronde, Palazzo della Consulta non avrebbe potuto agire diversamente, considerando anche la sempre più penetrante azione del diritto dell’Unione Europea, il cui concreto spiegarsi all’interno di tutti gli Stati membri richiede la soddisfazione dell’esigenza di un sistema, ovviamente discutibile, di regole tendenzialmente uniformi. Sarà, dunque, difficile “salvare” la disciplina regionale, che resta comunque una normativa transitoria, soprattutto dopo l’entrata in vigore del recentissimo decreto ministeriale 21 giugno 2024 del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica adottato in attuazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021 e contenente i criteri generali, rivolti alle amministrazioni regionali, per l’individuazione di superfici e aree idonee funzionali all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

É vero che questo lascia alle Regioni, incluse quelle speciali, il titolo per intervenire, attraverso lo strumento legislativo, in termini di dettaglio entro il termine di 180 giorni, ma con una certa definitivitá e nell’ambito del rispetto delle linee guida statali. Al di là di iniziative politiche e giuridiche lodevoli, come l’ avvio per l’indizione di un referendum consultivo su base regionale per chiedere ai cittadini elettori se desiderano o meno questa vergognosa speculazione energetica, e della battaglia senza sosta dei Comitati e di numerosi sindaci che stanno facendo un lavoro encomiabile per il territorio, il punto fondamentale della questione resta la transizione «green» imposta dalla normativa comunitaria e, di conseguenza, dal PNRR (Missione 2 «Rivoluzione verde e transizione ecologica») che hanno contributo, in nome della folle ideologia neoliberista, ad accelerare il percorso verso le rinnovabili, spesso a scapito dell’interesse paesaggistico, storico ed archeologico dei territori regionali coinvolti. Ecco, perché é sul livello comunitario che si deve primariamente incidere.

Scriveva il noto filosofo inglese Bertrand Russel (1872-1970): «Temo che l’Europa, per quanto intelligente, sia stato un Paese di orrori».

(*) Già Ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università degli Studi «La Sapienza» di Roma.
Direttore della Rivista della Cooperazione giuridica internazionale (fascia A).
Avvocato del Foro di Roma

(**) Professore strutturato in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato
presso la SSML/Istituto di grado universitario «san Domenico» di Roma.
Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico