di Francesca Galici – Tanta birra, e fin qui nulla da dire, ma niente salamelle per la festa dell’Unità del Municipio 1 di Milano. I rossissimi esponenti della Milano bene, al tipico piatto popolare delle loro feste preferiscono gli hot dog, cibo imperialista per eccellenza, insieme ai taco e ai mojito. All’interno dello spazio Cam in corso Garibaldi, pieno centro di Milano, il Partito democratico ha celebrato la sua festa dell’Unità con incontri e dibattiti che sabato hanno visto anche la partecipazione del segretario Elly Schlein a seguito del pride. La giornata di chiusura è stata segnata, invece, da un dibattito, con tanto di presentazione di un libro, sulle prossime elezioni americane e dalla proiezione dell’inchiesta di Fanpage su Gioventù Nazionale.
Il clima dentro e fuori dalla sala è quello del circolo snob della Milano bene e non potrebbe che essere così. Ma tutti sono guardinghi e tra loro borbottano di possibili “infiltrati” che potrebbero essere tra loro. Non sanno chi siamo, e tra un sorriso e un altro ascoltiamo le loro chiacchiere. A onor del vero, a parte qualche critica all’amministrazione locale di Milano, a Meloni e a Salvini, qualche commento su come sia volgare questo o quello, quasi nessuno si sbilancia. Quasi, appunto.
Mentre dentro alcuni coraggiosi sudano e fanno la sauna mentre Antonio Di Bella spiega le elezioni americane e racconta il suo libro, un gruppetto di giovani militanti si lascia andare a commenti sull’attuale stato di salute del partito, che a loro dire non sarebbe eccellente: “Noi ci incazziamo ma questo partito sta morendo, lo stanno facendo morire”. A chi si riferiscono questi appassionati dem dei Bastioni? Non usano soggetti ma la fantasia corre e basta guardarsi intorno per capire che le idee di quei ventenni non possono certo incontrarsi con quelle dei ben più maturi militanti attorno a loro.
Poco prima che iniziasse la proiezione, ci siamo spostati sul lato della sala, all’esterno, dove tra panchine e qualche albero, alcune persone facevano capannelli. Nessun militante tra loro ma molti curiosi, un po’ come noi, venuti qui ai bordi di Brera per vedere l’inchiesta sulla “gioventù meloniana”. Sempre guardinghi e attenti, a un certo punto però uno di loro, non più giovanissimo, si è lasciato sfuggire un commento discutibile.
“Vanno eliminati, anche fisicamente se serve. Andranno al potere un giorno”, dice senza gridare troppo, mentre un amico, o forse un conoscente, sicuramente un compagno, corregge il tiro: “Iniziamo con l’olio di ricino, che tanto a loro piace”. Giù di risate smorzate e sguardi complici, tra un hot-dog e una piadina, quando è ormai tempo di entrare e prendere posto.
Le due puntate dell’inchiesta vengono proiettate una di fila all’altra, al netto di alcuni inconvenienti tecnici, non prima della presentazione del direttore di Fanpage, Francesco Cancellato. Ed è proprio tra una proiezione e l’altra che, alle nostre spalle, sentiamo di nuovo quel sospetto da parte dei presenti: “Ci saranno infiltrati… Ci sono infiltrati”. Si guardano le spalle, temono che qualcuno possa fare con loro quello che loro hanno fatto con Gioventù Nazionale, ma da parte nostra c’è solo la volontà di assistere all’incontro, a faccia scoperta, senza falsi nomi.
Subito dopo la proiezione, il primo intervento è quello di Luca Sofri, direttore del Post, che involontariamente ha smontato gran parte della propaganda del Pd sulla libertà di stampa. Senza che il Pd se ne accorgesse.
“In questo Paese c’è un problema di mafie non di pressione politica o di minacce e intimidazioni nei confronti del giornalismo. Anche quello che abbiamo visto e le conseguenze che ha avuto mi sembra dimostri che non c’è un problema di limitazione, evidentemente si può fare una cosa come questa e generare conseguenze”, ha spiegato Sofri. Tutto il contrario di ciò che le opposizioni vanno sbandierando da tempo nella loro propaganda contro il governo Meloni.
E poi, in relazione all’inchiesta di Fanpage, Sofri ha affermato: “I fascisti sono andati al potere democraticamente eletti”.
E come sempre accade a sinistra, non sono gli altri che, eventualmente, vincono, ma loro che perdono: “Non abbiamo più nemmeno l’alibi che ci siamo raccontati durante il berlusconismo, che era per via delle televisioni che era al potere, perché sennò avremmo vinto noi. Questa cosa qua (riferita all’inchiesta, ndr) è al potere grazie al funzionamento corretto della democrazia”.
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