Caso Salis, la giustizia ungherese può chiedere la revoca dell’immunità parlamentare

Ilaria Salis

a cura di Daniele Trabucco (*)

Ilaria Salis, a seguito delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, è stata eletta in quota Alleanza Verdi-Sinistra con 176.368 preferenze. Com’è noto, la maestra di Monza, che ha recentemente ottenuto la misura alternativa al carcere con l’obbligo del braccialetto elettronico ed il pagamento di una cauzione di 40,000 euro dopo l’accoglimento del ricorso deciso dalla Commissione di secondo grado del Tribunale di Budapest, è accusata dei reati di violenza e lesioni verso alcuni militanti di estrema-destra che si erano ritrovati a Budapest, capitale dell’Ungheria, per il c.d. «Giorno dell’Onore».

Ci si chiede, dunque, se l’elezione al Parlamento europeo comporti o meno la sua messa in libertà e la sospensione del procedimento penale in corso. Sul punto, va ricordato che tutti i membri del Parlamento europeo beneficiano di due tipi di immunità ai sensi del Protocollo (n. 7) sui privilegi e le immunità dell’Unione Europea. In forza di questo, l’art. 8 precisa che non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo dei voti o delle opinioni espresse nell’esercizio della loro funzione, mentre il successivo art. 9, che riguarda direttamente la Salis, contempla per i parlamentari, sul territorio nazionale, le immunità riconosciute ai membri del Parlamento del proprio Paese, e, sul territorio di ogni altro Stato membro (come l’Ungheria), quella dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione o da ogni procedimento giudiziario.

Pur trattandosi di fatti commessi antecedentemente al momento del voto, dai quali è discesa la disposizione di una misura cautelare, ciò non fa venire meno l’efficacia di tale garanzia, in quanto la privazione della libertà andrebbe ad alterare il buon funzionamento del Parlamento europeo, valore tutelato dall’istituto in esame.

Ora, premesso che la seconda tipologia di immunità non è in alcun modo sinonimo di assoluzione, l’art. 9, paragrafo 3, del Protocollo n. 7 prevede la possibilità che questa possa essere revocata dal Parlamento europeo proprio al fine di permettere e consentire alle autorità giudiziarie ungheresi di procedere con l’azione penale. Questo significa, pertanto, che la giustizia ungherese potrà fare richiesta di revoca al Parlamento al quale spetterà la decisione finale.

A questo si aggiunga che l’immunità personale non trova applicazione in ipotesi di flagranza di reato e, a riguardo, le stesse autorità giudiziarie ungheresi hanno confermato di avere a disposizione un video che dimostrerebbe la colpevolezza dell’indagata. Sarà interessante, anche alla luce dei nuovi rapporti di forza, vedere come evolverà la questione.

(*) Professore universitario strutturato in
Diritto Costituzionale e Diritto dell’Unione Europea presso la SSML/Istituto di grado universitario «san Domenico» di Roma.