di Daniele Trabucco – Su sollecitazione di alcuni lettori residenti nel Comune di Belluno, che hanno chiesto allo scrivente un parere tecnico inerente al recente “Regolamento per la partecipazione attiva della cittadinanza all’amministrazione del Comune di Belluno“, ossia, detto in maniera piú semplice, riguardo al regolamento che, a seguito della modifica dello Statuto comunale (deliberazione consiliare 14 novembre 2022, n. 96), ha introdotto nel territorio bellunese le frazioni, ci si limita ad alcune osservazioni. Ora, é vero, da un lato, che si trattava di un impegno assunto in campagna elettorale poi confluito nel DUP, ma, dall’altro, le modalitá di attuazione presentano numerose criticitá. Se ne sottolineano almeno tre:
1) nei dodici articoli contenuti nel regolamento (atto formalmente amministrativo ma sostanzialmente normativo) manca non solo il richiamo (doveroso) alla fonte statutaria (art. 1), ma pure una disposizione che elenchi in via generale, cioé prima della specifica disciplina, gli organi delle realtá frazionali;
2) se prendiamo l’art. 9, che norma l’Assemblea frazionale e ne detta la composizione, é completamente assente il riferimento alle funzioni esercitate. Al di lá dell’art. 6, comma 3, il quale stabilisce che compito dell’Assemblea é l’elezione del proprio capofrazione, quali altre competenze le sono attribuite? Dalla lettura, infatti, dell’art. 9 emerge un modello di Assemblea del quale non si conoscono le attribuzioni. Eppure, la regola generale é che ogni organo possa svolgere le proprie competenze in ragione del principio di legalitá (qui inteso ovviamente in senso lato). Il comma 1 dell’art. 9 prevede che l’organo rappresentativo (e sulle modalitá di rappresentanza molto si potrebbe dire) adotti delle “decisioni”. Quali? E che forma giuridica assumono queste “decisioni”? É importante chiarirne la natura giuridica in quanto é in gioco il rapporto con gli organi necessari del Comune (Consiglio, Giunta, Sindaco). Dovrebbe trattarsi ovviamente di funzioni di natura consultiva (pareri) e di indirizzo, anche se la terminologia utilizzata, che rimanda ad una vaga “potestá decisoria”, lascia aperti dubbi interpretativi;
3) l’art. 8, nell’indicare i “compiti” dei capifrazioni, prevede, alla lettera a), che questi debbano perseguire l’interesse generale del Comune e quello della propria frazione. Che significa questa espressione? Nulla. Se, come stabilisce lo Statuto comunale all’art. 1, comma 3, le frazioni, pur avendo una loro specifica identitá comunitaria, restano comunque “parti integranti della comunitá cittadina bellunese”, come puó esistere un distinto interesse della sola frazione? Questo, semmai, sará una esplicazione del piú generale interesse del Comune. Ci si fermo qui, nonostante le criticitá siano davvero molte.
Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista