Bilanci Ama, Virginia Raggi rinviata a giudizio per calunnia

Virginia Raggi

I giudici, su richiesta della Gip Anna Maria Gavoni, hanno rinviato a giudizio Virginia Raggi nell’ambito dell’inchiesta sui conti di Ama, la municipalizzata dei rifiuti di Roma Capitale. L’ex sindaca Cinquestelle è accusata di calunnia. Con lei, rinviati anche l’ex assessore al bilancio Gianni Lemmetti, Luigi Botteghi della Ragioneria Generale, Giuseppe Labarile, al tempo direttore delle Partecipate e l’ex direttore generale del Campidoglio Franco Giampaoletti. Per loro l’accusa è di tentata concussione in concorso.

Il caso Ama

Nel 2018 Lorenzo Bagnacani, allora amministratore delegato di Ama, presentò un esposto in Procura nel quale accusava Roma Capitale (socio unico di Ama) di aver fatto “pressioni indebite” per approvare i conti della municipalizzata senza tenere conto dei 18 milioni di euro che quest’ultima vantava verso il Campidoglio, proventi dei servizi cimiteriali svolti. Il bilancio era stato approvato in consiglio d’amministrazione il 31 marzo 2017, ma successivamente una delibera di giunta comunale lo bocciò. Bagnacani accusò l’amministrazione Cinquestelle, tra le altre cose, di “irrituali richieste nei confronti del Cda sprovviste di adeguato supporto tecnico, probatorio e documentale” per “modificare il bilancio Ama al fine di stralciare il credito”. Insomma, Raggi&Co. non volevano riconoscere il debito verso Ama, almeno così sosteneva Bagnacani.

Virginia Raggi accusata di calunnia

L’accusa di aver commesso il reato di calunnia, per cui Raggi è stata rinviata a giudizio, è legato a una serie di dichiarazioni rilasciate ai magistrati che la sentirono come persona informata dei fatti sul caso Ama. L’ex sindaca, oggi consigliera d’opposizione per il M5S, accusò Bagnacani e l’allora assessora Pinuccia Montanari di averla minacciata: “Insieme a Lemmetti sostenevamo che c’era bisogno delle documentazioni che attestassero i crediti, altrimenti non si sarebbe potuto approvare il bilancio. Loro mi forzavano, mi minacciavano dicendo che se non avessi approvato il bilancio come volevano loro, sarei stata responsabile del fallimento dell’azienda”.

“Provo sconcerto e rabbia”

“Mai sono stata accusata di corruzione – precisa Raggi in una nota -. Mi si contesta di avere accusato alcune persone di avere tenuto nei miei confronti una condotta che esse stesse hanno esplicitamente rivendicato. All’epoca ho effettivamente subito enormi pressioni affinché si approvasse un bilancio che presentava molti aspetti poco chiari, ma non lo feci. Provo, pertanto, sconcerto e rabbia per una vicenda paradossale nella quale, voglio ricordarlo, sono stata io, per prima, a denunciare pubblicamente e a segnalare in Procura la situazione economica altamente critica dell’azienda e, poi, ad affidarla a un nuovo CdA, che ne ha risanato i conti. Dopo aver sostituito i vertici della società, risultò qualcosa di ben diverso: è emerso, infatti, un buco di 250 milioni di euro, prodottisi addirittura dal 2003, dovuti a una gestione pregressa a dir poco disattenta dell’azienda”.

“Ci tengo infine a sottolineare – conclude Raggi – che, in relazione ai fatti che mi vengono oggi addebitati, il Pm ha chiesto, prima, l’archiviazione e, poi, una sentenza di non luogo a procedere in mio favore. Affronteremo anche questa”.
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