Filippo Rossi ha viaggiato, addentrandosi nei meandri dell’Afghanistan, in zone rimaste isolate per decenni per via dell’insicurezza, della presenza di soldati e signori della guerra, forze occupanti, Talebani e terroristi di dubbia provenienza, per riportare le storie e le testimonianze dirette di persone che hanno subito danni e perdite di familiari a causa dell’invasione occidentale in Afghanistan e la seguente occupazione, mettendo in risalto il loro punto di vista spesso dimenticato o sottovalutato.
«Un viaggio che mi ha arricchito molto ma mi ha anche aperto gli occhi sul vero operato occidentale, della NATO, degli Stati Uniti, che hanno imbevuto di menzogne il mondo intero sui loro intenti pacifici per decenni, giustificando l’uso di una violenza sistematica e brutale contro una popolazione traumatizzata con la menzogna della lotta al terrorismo e, peggio ancora, mascherando i misfatti e i crimini con impunità, silenzio, censura e, nel caso americano in particolare, evitando di aderire ai trattati internazionali per proteggere i propri interessi».
L’Occidente, con la sua macchina d’assalto, ha invaso, occupato e “costretto” un’intera popolazione a sottomettersi alle sue idee, ai suoi concetti considerati come migliori, più “umani e responsabili”, attraverso un apparato mediatico, fatto anche di organizzazioni umanitarie e progetti di varia natura.
«I crimini contro i civili, erano stati commessi non solo dai Talebani e dalle forze afghane, ma anche dalle forze occidentali, che si vantavano di essere etiche e di rispettare le convenzioni internazionali, i diritti dell’uomo ma che, in determinati periodi dell’occupazione, furono la principale fonte di morte di civili».
Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza – Aiuto e Cooperazione
Tutta questa guerra è stata una messa in scena solo per giustificare interessi economici, politici, di potere.
«Essere un giornalista, nell’Occidente al servizio della NATO degli Stati Uniti, in un periodo in cui la guerra è arrivata fino al cuore dell’Europa con il conflitto russo-ucraino, significa non poter esercitare liberamente il proprio mestiere contro la propaganda militare di Washington senza dover subire la censura e la diffamazione per ogni articolo controcorrente pubblicato o correre il rischio di essere assassinati. Se si vuole fare carriera e ricevere generosi compensi bisogna raccontare sotto dettatura solo la versione della Casa Bianca e guai a metterne in evidenza i crimini. Rossi però non ci ha pensato due volte e ha rinunciato all’incarico di reporter di guerra in Ucraina per non essere costretto a servire e a essere complice della propaganda USA.
Viviamo in un’epoca in cui chi rende pubblici i crimini dei governi, degli oligarchi travestiti da filantropi e delle multinazionali, come è stato fatto ad esempio da Julian Assange (fondatore di WikiLeaks) e da Edward Snowden (ex informatico dell’NSA), invece di ricevere onori e riconoscimenti dalle istituzioni per il grande servizio reso alla collettività, viene imprigionato e messo a tacere.
Ecco perché è estremamente importante il lavoro d’indagine svolto in Afghanistan da Filippo Rossi. La sua inchiesta è rivelatrice, non solo per ciò che documentato e scoperto in loco, ma anche, e soprattutto, perché ha portato alla luce il modus operandi con cui gli USA e gli Stati vassalli della NATO occupano, sfruttano e depredano Paesi ricchi di risorse naturali con il pretesto di esportare la democrazia, lasciando dietro di sé il caos sociale e un’inaudita scia di violenza e terrore».
Dalla prefazione di Marco Pizzuti