Secondo l’atto d’accusa che le è stato notificato, Boccassini avrebbe taciuto informazioni su una fuga di notizie che danneggiò le sue stesse indagini, nel 1994
di Francesca Galici – L’ex procuratore aggiunto di Milano, ora in pensione, Ilda Boccassini, sarebbe stata indagata dalla procura di Firenze con l’accusa di false informazioni al pm aggravate dal tipo di indagine nella quale furono rese le dichiarazioni incriminate, ovvero il fascicolo delle stragi aperto presso la procura del capoluogo toscano. L’indagine si sviluppa nell’ambito delle indagini sulle stragi mafiose del 1993 e, in particolare, a finire all’attenzione della procura di Firenze è l’interrogatorio del 14 dicembre del 2021, quando Boccassini fu sentita in procura insieme con i colleghi di Caltanissetta nell’inchiesta.
In quell’occasione, sostengono da Firenze, l’ex procuratore aggiunto di Firenze avrebbe taciuto ai magistrati informazioni di cui sarebbe stata in possesso. In particolare, su una fonte riguardante le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia su Silvio Berlusconi. Nello specifico, non rivelò ciò che sapeva sulla fonte del giornalista Giuseppe D’Avanzo, un dettaglio riportato nel suo libro “La stanza numero 30”. Boccassini, infatti, venne convocata a Firenze per un chiarimento su uno scoop giornalistico sulle rivelazioni di un pentito circa flussi di denaro destinati a Berlusconi. In procura nel capoluogo toscano erano presenti anche i magistrati di Caltanissetta.
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L’ex magistrato (grande accusatrice di Berlusconi ndr), nel libro, non cita la fonte, anche se sembra da lei conosciuta, e non lo ha fatto neanche ai magistrati, che adesso le hanno recapitato un avviso di conclusione indagini. Nel volume, Boccassini scrisse di aver saputo da D’Avanzo, a pochi giorni dalla morte, quale fosse la fonte delle notizie che lo stesso aveva pubblicato in un articolo a sua firma uscito nel 1994, in cui si riportavano le rivelazioni del pentito di mafia Salvatore Cancemi.
A seguito della lettura, i pm di Firenze che indagano sulle stragi di mafia, hanno convocato Boccassini per chiederle il nome di quella fonte, che nemmeno nell’autobiografia dell’ex procuratore aggiunto di Milano è stato riportato. Boccassini si sarebbe rifiutata di fare quel nome e così i suoi colleghi hanno dovuto procedere con l’accusa di violazione dell’articolo 371 bis del codice penale.
In base a questo, “chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pm di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni”.
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