Dossieraggio, magistrato Tarfusser: “Debordano poteri fuori controllo”

Cuno Tarfusser

Spiati e controllati, il caso dossieraggi è qualcosa di più di un’anomalia

di Antonio Amorosi – Il timore di regie occulte, cittadini spiati, migliaia di accessi che non dovevano esserci: il caso dossieraggi. Affaritaliani ha sentito sull’argomento il sostituto procuratore della Corte d’Appello di Milano Cuno Tarfusser, ex vicepresidente della Corte penale internazionale dell’Aia, ex procuratore capo a Bolzano. Una lunga carriera la sua, il cui modello di riorganizzazione a Bolzano è diventato “progetto best practice” del Ministero della Giustizia e implementato in oltre 190 uffici giudiziari in Italia. E’ il magistrato che ha chiesto la revisione del processo sulla strage di Erba

Vicenda dossieraggi. Chi può essere il mandante? O i mandanti?

A mio avviso possono esserci solo tre ipotesi. La prima è una questione di soldi, ma non mi pare visto che, da quanto si apprende, non sembra esserci un vantaggio economico in capo a chi ha operato. Le altre due ipotesi hanno bisogno di una premessa ovvero che un ufficiale di Polizia Giudiziaria inserito in un ufficio di Procura ha necessariamente due padroni, il suo corpo di polizia di provenienza e i magistrati della Procura, nel caso di specie la DNA. Quindi, essendo difficile essere fedeli a due mogli, logica vuole che il mandante o i mandanti siano da ricercare in una delle due strutture. Non vedo molte altre soluzioni.

Ma non è che uno di queste mogli poi è fedele a qualcun altro? C’è un terzo padrone che sovrasta tutto?

Tutto può essere. Questo però è il passo successivo, cioè cosa ne faccio dei dati che ho. Il vero patrimonio è li.

Chiedo più esplicitamente: ci potrebbero essere di mezzo dei pezzi dei Servizi o ambienti deviati?

Beh, la deviazione sta già in questo primo passaggio ovvero nell’accesso illegale a dati sensibili. L’utilizzo illegale di questi dati da parte del primo mandante o di quello successivo cui i dati vengono ceduti, non è altro che un terribile “salto di qualità” della deviazione. Certo è che il servitore dello Stato che commette un reato fa qualcosa di deviato per il solo fatto di aver giurato fedeltà allo Stato.

Lei ha un’esperienza di 40 anni in magistratura, che storia le sembra questa?

In Italia ne sono successe di tutti i colori. Possiamo dire che la devianza dai propri doveri è una comportamento che ha una certa tradizione… e quindi la vicenda, ora alla ribalta della cronaca, mi addolora ma non mi meraviglia affatto, purtroppo.

Ipotizzando, per come si sta evolvendo la storia, dei mandanti esterni potrebbero essere così potenti da garantire una “copertura”, che cioè la vicenda non approdi da nessuna parte? E’ solo un’ipotesi ovviamente.

Allo stato è però solo una speculazione e speculazioni non ne voglio fare.

Lei ha conosciuto Laudati?

Ho conosciuto Antonio Laudati diversi anni fa, perché eravamo insieme in qualche missione all’estero. Ho sempre avuto ed ho una buona impressione di lui, di una persona seria e molto intelligente. Certo, mi ha un po’ meravigliato leggere che non ha voluto farsi interrogare salvo poi far uscire una nota attraverso i suoi legali in cui fa delle dichiarazioni, nelle quali si dichiara estraneo alla vicenda del dossieraggio. Non ho alcun motivo di dubitarne e spero per lui che riesca a spiegare i fatti, ma penso anche che un magistrato abbia una responsabilità maggiore rispetto al cittadino comune di fronte alla legge e ciò che ha dichiarato alla stampa poteva anche dirlo ai magistrati a verbale, no?

In varie interviste rilasciate, il sottotenente Striano dice che era incaricato da superiori. Però mi sembra strano che un ufficiale alla DNA possa fare un’indagine Antimafia su Fedez?

Infatti Fedez e Antimafia, ma anche altri i cui nomi sono usciti sulla stampa sono difficili da collegare ad indagini di mafia. Diciamo che è pacifico che c’è qualcosa che non quadra. E’ comunque, a mio giudizio, impensabile che una figura istituzionale, quale certamente è Striano, faccia tutto questo per gioco, per curiosità, solo perché ha le credenziali per fare gli accessi.

Secondo lei, al di là della volontà e della determinazione del magistrato Raffaele Cantone, si arriverà in fondo all’indagine? Lo chiedo perché molti esperti o soggetti coinvolti a latere, ai quali chiedo un’intervista, sono profondamente disillusi e reagiscono dicendo: storie del genere, come accade sempre in Italia, non arrivano mai da nessuna parte…

Beh mi associo ai tanti disillusi anche se, da uomo delle Istituzioni, non posso non avere ancora un po’ di fiducia. Certo però è che anche tutti coloro che sono a capo degli uffici giudiziari, di tutti gli uffici giudiziari, sono espressione, non del merito, non delle attitudini, non delle capacità, ma primariamente del potere giudiziario.

Ci spieghi meglio

Io distinguo, da un lato, la magistratura ovvero i magistrati che sono espressione della nostra società e come nella società esistono le persone brave, serie, perbene, laboriose, intelligenti, ecc, ma anche quelle che non lo sono, lo stesso vale per i magistrati. Ma questo è fisiologico e non c’è nulla di strano. Dall’altro però vi è il potere giudiziario che condiziona e orienta attraverso i capi degli uffici che sceglie in base all’affiliazione, non certo alla bravura. Ecco, il potere giudiziario è in mano, è dominato dalle quattro entità che si chiamano “correnti”. Ma questo mi sembra un fatto notorio, no?

Ora, siccome la mia mamma mi ha sempre detto di stare lontano dalle correnti, che si prende il raffreddore (ride), ho sempre seguito questo consiglio. Non c’è dubbio che queste quattro correnti fanno tutto. Qualsiasi capo dell’ufficio è espressione di una di queste quattro correnti, ma lo sono anche i magistrati nei ministeri, lo sono quelli della Scuola della magistratura. Ecco, qualsiasi nomina del CSM è una replica del medesimo schema. Cencelli era un dilettante a confronto. Se non fai parte del sistema, sei escluso.

Lei è stato capo di un ufficio però

Sì, ma io sono il classico errore, il perfetto esempio di come non si fa un capo dell’ufficio ed infatti, siccome ho fatto bene, prima sono stato mandato all’estero e una volta rientrato non sono stato più preso in considerazione per un altro incarico. Troppo indipendente, troppo imprevedibile, troppo inaffidabile. Ma va bene così, io la mia carriera l’ho fatta, indipendentemente da loro e ne sono fiero. Certo, posso dire che in nessun altro sistema giudiziario che io conosca si fanno i capi ufficio come in Italia.

Perché ci dice tutto questo in merito alla vicenda dossier?

Lo dico perché il problema è negli equilibri e nella libertà. Nei sistemi anglosassoni a ogni potere corrisponde un severo meccanismo di controllo. Noi facciamo crescere incontrollati i poteri e poi ci meravigliamo se debordano. Sta qui il problema, anzi, uno dei tanti problemi.
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