MILANO, 12 MAR – “Venivo chiamato spesso come commissario ai concorsi perché avevo fama di essere imparziale” e lontano dal fare alcun “favoritismo in quanto non avevo parenti in università. Nessun professore universitario tra me e Adamo ed Eva!”. Massimo Galli, infettivologo e fino a due anni fa docente alla Statale di Milano, ha riposto così alla prima domanda posta in aula nel corso del suo interrogatorio reso nell’ambito del processo con al centro uno dei filoni di indagine su presunti concorsi pilotati alla facoltà di medicina.
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Galli, che è stato anche uno dei massimi esperti in prima linea durante la pandemia, per un paio di ore ha chiarito, replicando alle ipotesi dell’accusa, come si è svolto il concorso che nell’aprile 2020, in piena emergenza Coronavirus, ha portato Agostino Riva, allora suo stretto collaboratore e ora suo coimputato, a ottenere il posto di professore di seconda fascia in malattie cutanee, infettive e dell’apparato digerente. Oltre a precisare che “stava nella logica delle cose che Riva si presentasse al quel concorso”, ha spiegato i motivi per cui anche l’infettivologo del Niguarda Massimo Puoti, avesse fatto domanda giunta inaspettatamente anche perché “si sapeva che era interessato al concorso di Napoli”.
Inoltre, replicando al pm Carlo Scalas che gli ha chiesto ragione di alcune telefonate, ha in sostanza negato qualsiasi ipotesi di una sua volontà di precostituire i criteri del bando. Galli, replicando al pm, oltre a dire che “in genere questi concorsi vengono indetti nel rispetto dello sviluppo accademico, in cui ognuno porta avanti la sua scuola” e che in una “comunità di poche persone era normale conoscere bene entrambi i candidati”, ha affermato “di aver sempre evitato che si potessero verificare scontri nella disciplina”. (ANSA).