di Anna Maria Bellesia – Le proteste degli agricoltori dilagano, ma se ne parla in modo settoriale (quindi limitativo), e non si vede la capacità di mobilitare altri settori e di coinvolgere i giovani.
Sarebbe l’ennesima grande occasione mancata per quello che continua ad autodefinirsi il fronte del dissenso, finora incapace di elaborare una Weltanschauung (concezione del mondo e della vita) alternativa a quella che ci viene imposta dal pensiero unico e dal governo globalista.
Gli agricoltori hanno molte buone ragioni per protestare, in quanto sono destinati a pagare un prezzo altissimo in seguito all’imposizione di un folle Green Deal che ha l’obiettivo di portare l’Europa a diventare “il primo continente a impatto climatico zero”. Per “ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030”, la UE, a guida Ursula von der Leyen, sta procedendo a tappe forzate e costi quel che costi, in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità. Il progetto sta distruggendo la nostra precedente economia e convogliando finanziamenti record nella nuova direzione (come per gli armamenti).
Abbiamo visto anche da noi cosa sta accadendo, per esempio in Emilia Romagna, la regione più solerte nel portare avanti le politiche europee che prevedono l’obbligo di destinare almeno il 4% dei terreni coltivabili a funzioni non produttive. Un recente bando regionale prevede di assegnare agli agricoltori un contributo annuale da 500 a 1500 euro per ettaro lasciato non coltivato. Per non parlare della tendenza in atto un po’ ovunque a fare immensi parchi fotovoltaici al posto di terreni agricoli svenduti per necessità.
Non bisogna però cadere in errore pensando che la crisi dell’agricoltura sia solo un problema di soldi e di redditi troppo ridotti (per tasse, assicurazioni, gasolio, ecc…). Su questo la Ursula sta già correndo ai ripari in vista delle elezioni, annunciando soldi in arrivo e piccole deroghe temporanee rispetto ai nuovi obblighi. Obiettivo: sedare le proteste e dividere i manifestanti.
Ma la fregatura è solo differita
Cosa si nasconde dietro i soliti slogan ad effetto di “contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici” e “favorire lo sviluppo sostenibile”? Molti lo dicono chiaramente: una perdita di competitività rispetto ai mercati extra UE, la produzione agricola si sposterà in altri continenti dove sarà più facile il controllo da parte delle multinazionali. La nostra agricoltura, che negli ultimi decenni ha già visto una drastica riduzione delle imprese, non riuscirà a superare la batosta. Dal punto di vista alimentare la popolazione dipenderà da altri mercati, altri cibi, altre scelte.
Per questo motivo, se lasciamo soli gli agricoltori in questa protesta, perderemo tutti. Sarà un altro colpo irrimediabile a favore dell’agenda globalista che, settore per settore, sta distruggendo il vecchio mondo, l’economia, la società. Da un lato sempre più poveri, dall’altro sempre più ricchi.
È questo che vogliamo? Possibile che gli adulti accettino questi cambiamenti senza reagire? Possibile che i giovani nativi digitali accettino tutto questo come se fosse l’unico mondo possibile?
Chi in questi anni ha maturato consapevolezza, deve fare ora un passo ulteriore. È una chiamata storica.
Bisogna unire le forze, sostenere una visione alternativa, e soprattutto aprire gli occhi ai giovani. Lanciamo l’idea di una “Generazione A” (come Agricoltura), per ripartire dalla concretezza della terra, del suo lavoro, dei suoi prodotti, contro la virtualità disumanizzante in cui si sono cacciati i nativi digitali.
In campo politico, pare che nuove forze intendano presentarsi alle prossime elezioni italiane ed europee. Su questo “terreno” valuteremo le loro capacità progettuali. Di aspiranti poltronari ne abbiamo visti fin troppi.
Anna Maria Bellesia