Ha pagato con il lavoro quel giorni trascorsi accanto alla figlia. Ha dovuto dire addio al suo posto per tutte quelle ore dedicate alla sua bimba
Un uomo di 42 anni, papà di una bambina affetta da una grave disabilità che la costringe a vivere attaccata al respiratore, è stato licenziato lo scorso dicembre dalla sua azienda, una società che si occupa in subappalto delle consegne per Amazon.
“Il lavoratore in questione impiegato come driver nella filiera Amazon Lombarda ha ricevuto la notizia del proprio licenziamento durante una telefonata al proprio responsabile che gli comunicava di non presentarsi in servizio perché licenziato”, raccontano dal sindacato Filt Cgil, a cui si è rivolto l’uomo. “Il motivo del licenziamento sono le troppe assenze, giustificate dalla necessità di questo padre di dover accudire la figlia affetta da gravi disabilità, non autosufficiente e tenuta in vita da macchine che provvedono a farla respirare”, sottolineano dal sindacato.
Il licenziamento, stando a quanto appreso, è avvenuto per “giusta causa”, per “esubero” del comparto, perché il lavoratore avrebbe terminato i giorni di malattia, anche se sembra – denunciano dalla Filt – che per un pasticcio con i certificati medici siano state contate delle giornate in più all’ex dipendente, che era assunto dal 2020 con un contratto part time di tre giorni.
Nel mirino della Cgil intanto ci finisce Amazon
“«La gioia di condividere» era il titolo dello spot Amazon che anticipava l’inizio delle festività natalizie. Una copertina per l’azienda e tutto il mondo sotto che dipinge lo stesso come luminoso, altruista ed empatico. Ma ci domandiamo chi condividerà le spese che dovrà affrontare questa famiglia, chi condividerà la disperazione di un padre e una madre che si trovano senza un’entrata economica, chi condividerà l’angoscia di vedere la propria figlia attaccata a un respiratore?”, le parole affidate dalla Filt a una nota.
“Chiediamo che oltre a una splendida copertina, oltre agli slogan che scaldano il cuore dei clienti, vi sia un grande riguardo per tutte le donne e gli uomini che alle dipendenze di Amazon, o delle aziende in appalto, svolgono giornalmente il proprio dovere per rendere tutto questo possibile”, l’appello del sindacato. Che ora chiede il “reintegro immediato del lavoratore”. www.milanotoday.it