Israele piange la morte di tre ostaggi a Gaza, vittime di quello che l’esercito ha definito un “tragico” incidente commesso dai suoi stessi uomini e che ha scatenato un’ondata di proteste a Tel Aviv. Yotam Haim, 28 anni; Alon Shamriz, 26 e Samer El Talalqa, 25 sono stati uccisi in un quartiere di Gaza City dai militari israeliani che li hanno scambiati per miliziani.
“Durante gli scontri a Shejaiya i soldati hanno erroneamente identificato tre ostaggi israeliani come una minaccia e, di conseguenza, li hanno uccisi”, ha detto il portavoce militare Daniel Hagari.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito la morte degli ostaggi una “tragedia insopportabile”, mentre centinaia di persone si radunavano per protestare davanti al Ministero della Difesa sventolando bandiere e striscioni con i volti di alcuni dei 129 ostaggi ancora detenuti da Hamas.
Intanto nei feroci combattimenti nella Striscia di Gaza continuano a morire i giornalisti: al Jazeera ha riferito dell’uccisione morte del suo corrispondente Samer Abudaqa, mentre un altro, Wael Dahdouh, è stato ferito dalle schegge durante un attacco missilistico israeliano a Khan Younis.
Manifestazione di protesta a Tel Aviv
In centinaia sono scesi in piazza nella notte a Tel Aviv per protestare dopo la notizia della morte nel nord della Striscia di Gaza di tre ostaggi, uccisi in un “tragico incidente” dai soldati israeliani. Immagini diffuse dalla tv israeliana hanno mostrato una folla radunata nel centro della città con strade bloccate e la richiesta al governo di intervenire per il rilascio immediato di tutte le persone ancora tenute prigioniere nell’enclave palestinese dal terribile attacco del 7 ottobre in Israele.
La folla era armata di cartelloni e striscioni con foto e nomi degli ostaggi e ha sfilato in corteo dirigendosi verso il quartier generale dell’esercito. I manifestanti hanno gettato vernice rossa lungo la strada, ha riferito il sito israeliano di notizie Ynet. “Per loro il tempo sta finendo, riportateli a casa adesso”, ha intonato la folla, senza risparmiare critiche al governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu, accusato di non fare abbastanza per ottenere la liberazione degli ostaggi nella convinzione che un accordo come quello di fine novembre avrebbe evitato “incidenti” come quello delle scorse ore.
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