Cinema e vacanze con i soldi per i migranti

casarini mare Jonio

di Luca Zazzo e Valentina Raffa – Messaggio whatsapp a Luca Casarini: «Sull’uso della carta devi evitare di fare cazzate. Non hai spedito giustificativi e il tabulato è pieno di voci ingiustificabili, che sarà un casino spiegare. Così mi metti in forte imbarazzo con gli altri». Sembrano una riedizione del «caso Soumahoro», le intercettazioni della procura di Ragusa sull’ex rivoluzionario veneziano e la sua ong Mediterranea. Come moglie e figlia del deputato Aboubakar Soumahoro, abituate a spendere e spandere con i fondi della loro associazione pro-migranti, anche Casarini ha la mano un po’ larga nell’attingere alla cassa di Mediterranea. Creando buchi che ora vengono colmati, come raccontano le carte pubblicate nei giorni scorsi dalla Verità, utilizzando i fondi generosamente offerti da una serie di Arcivescovadi sotto l’input del Vaticano.

Casarini è atteso alla sbarra insieme a cinque suoi compagni davanti al giudice preliminare di Ragusa, chiamato a valutare la richiesta di rinvio a giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina avanzata dalla Procura. L’accusa di avere sottratto soldi alle casse aziendali non viene formulata anche perché servirebbe una denuncia da parte di Mediterranea. Ma dei pasticci contabili di Casarini & C. c’è ampia traccia nell’inchiesta della procura di Ragusa. A partire dai soldi al centro dell’indagine, i 125mila euro che i danesi della Maersk versano in cambio del trasbordo sulla nave Mar Jonio di ventisette migranti, che secondo il medico di bordo erano in pessime condizioni di salute (ma i pm di Ragusa evidenziano che il medico è una neolaureata senza esperienza, dicono che i profughi in realtà stavano tutti bene e che una donna sbarcata perché incinta non lo era affatto). I soldi dovrebbero andare alla Idra Social Shipping, armatrice della nave. Invece vanno alla Mediterranea, la ong di Casarini. E finiscono anch’essi a ripianare le spese allegre del vecchio antagonista veneziano.

Sulla disinvoltura di quest’ultimo nel maneggiare i fondi le intercettazioni sono esplicite. Quando il suo socio Giuseppe Caccia lo sgrida Casarini prova a ribattere: «Ci sono alcune voci che riguardano arredamento sede/foresteria. Altre che vanno detratte perché non avevo altro per pagare (ad esempio un cinema con i ragazzi). Ma è tutto spiegabile e penso che non superi i 100 euro». E l’altro, sempre più arrabbiato: «Ma capisci che cazzo racconto, ad esempio, dei biglietti del cinema? E dei prelievi di contante? E di Justeat? E delle spese a Pantelleria dell’estate? Ti chiedo solo di evitare cazzate visibili con la carta. A Pantelleria sono negozi, mica spese di viaggio».

«Evita cazzate visibili»: se devi combinare pasticci fallo almeno di nascosto, dice in sostanza Caccia a Casarini. Ma quello che traspare dalle carte dell’inchiesta è una continuità nelle disinvolture contabili. Non a caso, al termine delle indagini preliminari la procura di Ragusa ha scelto di contestare agli imputati anche l’aggravante di avere agito «per trarne profitto».

I 125mila euro incassati grazie all’operazione di salvataggio non bastarono a sistemare i buchi della ong. Ed è a quel punto che parte il piano per mettere definitivamente in sicurezza i conti di Mediterranea, un progetto battezzato «Cum-finis, fratelli tutti» che avrebbe dovuto garantire una entrata-monstre di 65mila euro al mese provenienti da alcune Curie con fondi stanziati dalla Cei, la Conferenza episcopale: a sua volta finanziata da alcuni milioni di italiani con l’obolo dell’8 per mille. Alla fine, nonostante la pubblicità offerta a Casarini dal rapporto diretto con Papa Francesco, l’operazione non va in porto. Ma, secondo i conti della Verità, a Mediterranea arriva comunque un tesoretto da due milioni. Sempre finanziato con l’8 per mille.
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