di Domenico Ferrara – Cosa c’entra la proprietà privata coi femminicidi? La domanda andrebbe posta a Landini, unica persona titolata a rispondere a questo bizzarro quesito e probabilmente unico detentore della verità sulle vere ragioni che stanno dietro a questa lunga scia di omicidi a opera degli uomini. Già, perché mentre criminologi, sociologi e antropologi si interrogano e dibattono sul perché un giovane possa arrivare a stroncare la vita di una ragazza e sulle logiche che circondano l’amore, il leader della Cgil aveva già risolto ogni equazione nel 2018 quando sul palco di piazza San Giovanni a Roma davanti alla platea di astanti sciorinò la sua illuminante teoria. Cioè? Ovviamente tutta colpa della proprietà privata e quindi del solito disgraziatissimo capitalismo e dell’odiatissimo liberismo.
C’è solo un ismo che va bene per il leader sindacale e politico della Cgil: il marxismo come soluzione di tutto, panacea di ogni male. Anche dei femminicidi. Ecco cosa disse il sindacalista: «Quando un uomo arriva a fare una violenza contro una donna, nella sua testa malata, ha l’idea di essere lui proprietario della vita di un’altra persona. Provate a pensare che danni può creare l’idea della proprietà privata». Deve essere un chiodo fisso per Landini, una vera e propria ossessione. Cosa c’entra la proprietà di uno stabile, di un appartamento o di un’azienda con l’idea distorta e folle della proprietà di un essere umano? Nulla. Così come è assurdo pensare che nelle società dove vige il collettivismo non esistano e non siano esistiti – purtroppo – fenomeni di femminicidio.
Una cosa è il possesso, quello che ti porta a credere di essere padrone di un’altra persona fino al punto di decidere se può vivere o no. Un’altra è la proprietà privata nel senso comunista, quella che indossa falce e martello e punta a svilire differenze e dignità umana portando a un grigio livellamento al ribasso. La proprietà privata altro non è che quello che recita l’articolo 42 della Costituzione (osannata spesso da Landini) «riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti». Per il capo della Cgil invece la proprietà privata è agganciata subdolamente a qualcosa di malato.
Ma la violenza non è solo fisica, c’è anche quella psicologica, magari perpetrata ai danni di donne lasciate sole e indifese. Come quelle a cui abbiamo dato voce sul Giornale nei giorni scorsi. Donne, lavoratrici, iscritte alla Cgil da decenni e licenziate dall’oggi al domani dallo stesso sindacato che nelle piazze predica il rispetto e la difesa dei lavoratori. Donne come Iginia Roberta di Taranto, licenziata e lasciata a casa ad accudire il fratello cerebroleso e la madre con l’Alzheimer. O come Rossella Borrelli, buttata fuori dopo anni di sindacato e minacciata dalle stesse colleghe donne che le dicevano: «Tu sei femmina, tanto ti mantiene tuo marito». Il paradosso del patriarcato visto da quelle che in teoria sarebbero le vittime. Ma la coerenza è un frutto che si raccoglie spesso nella stagione sbagliata.
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Ma perchè questi comunisti non se ne vanno in Cina, e vi restano.