(Adnkronos/Labitalia) Tra poco più di due settimane, il 13 e 14 dicembre, un campione di italiani all’estero, che vivono o si trovano temporaneamente in alcune circoscrizioni consolari di Paesi dell’Unione europea, sarà coinvolto in una simulazione di voto online. L’operazione non produrrà alcun effetto in termini elettorali, posto che non è collegata a una vera consultazione, ma sarà un importante banco di prova per una modalità di partecipazione al voto che è destinata ad affiancare la classica crocetta apposta sulla scheda all’interno della cabina elettorale.
Come indicato dalla Commissione Ue nella Comunicazione Com (2021) 118 final ‘2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade’, entro il 2030, tutti gli Stati membri dovranno, infatti, essersi attivati per far sì che la vita democratica e i servizi pubblici online siano completamente accessibili a tutti, anche alle persone con mobilità ridotta.
Una delle modalità indicate da Bruxelles per rendere possibile il raggiungimento di questo obiettivo, è proprio la diffusione del voto elettronico. Se tutto filerà liscio nel corso della simulazione di dicembre, il ministero dell’Interno si attiverà per passare alla fase due, ovvero la sperimentazione del sistema di voto e scrutinio elettronico in un vero evento elettorale, che abbia valore legale.
Ma i nostri Comuni sono pronti a fare la propria parte in questo processo di digitalizzazione delle elezioni? A porsi l’interrogativo Csel (Centro studi enti locali), in un’elaborazione per Adnkronos: “Impossibile dirlo con certezza – avverte – ma, se si guarda alla lentezza con la quale si sta procedendo nella mera dematerializzazione delle liste elettorali, sorge più di un dubbio”. Ad oggi, risultano autorizzati 5.500 Comuni, pari a circa il 70% del totale, tra i quali la totalità dei capoluoghi di regione e la grandissima maggioranza dei Comuni capoluogo di provincia.
Oltre 22 milioni di euro complessivi sono volti a finanziare contributi a questo scopo che variano dai 1.683,60 euro per i Comuni con massimo 2.500 abitanti fino ai 16.836 euro destinate agli enti con più di 250mila residenti.Gli appelli del Viminale perché gli enti locali si affrettino a dematerializzare i processi di tenuta e aggiornamento delle liste cartacee, sostituendole con quelle digitali, si susseguono da oltre tre anni. L’ultimo, in ordine di tempo risale al 2 novembre scorso, data alla quale risultavano inadempienti ancora 2.400 Comuni, poco meno di uno su tre.
Quelli che stentano di più a sganciarsi dalla tradizionale lista stampata sono i piccoli Comuni. Stando alle informazioni diffuse dal ministero dell’Interno, infatti, hanno compiuto il percorso di dematerializzazione i capoluoghi di regione e la grandissima maggioranza di quelli di provincia, mentre faticano a stare al passo gli enti meno strutturati. Come ribadito dal Viminale, nel suo ennesimo invito alla collaborazione rivolto agli enti locali, la realizzazione del progetto in questione porterebbe ad ogni Comune importanti vantaggi, sia dal punto di vista organizzativo che in termini di risparmi di spesa. Se venisse limitato l’utilizzo del formato cartaceo solo in occasione dello svolgimento delle consultazioni elettorali o referendarie, le operazioni di aggiornamento del corpo elettorale sarebbero più semplici e rapide, risulterebbero alleggeriti gli adempimenti che gravano sugli uffici elettorali comunali e sulle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali e si abbasserebbero i costi di gestione.
Sempre in tema elezioni e digitale, c’è un’altra scadenza ravvicinata che incombe sui Comuni. Entro il prossimo 31 dicembre i Comuni dovranno inserire nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) i dati contenuti nelle liste elettorali e quelli relativi all’iscrizione nelle liste di sezione. Per supportare gli enti in questo processo, sono stati stanziati anche degli specifici contributi, finanziati dal fondo complementare al Pnrr. Gli importi che potevano essere richiesti variano a seconda della dimensione demografica dell’ente. Per i 4.047 Comuni che hanno fino a 2.500 abitanti, è stato previsto un contributo una tantum di 1.683,60 euro. Per i 1.488 Comuni ricompresi nella fascia che va da 2.501 a 5mila residenti, sono stati previsti contributi da 2.806 euro, per i 1.860 enti che hanno tra i 5.001 e i 20mila abitanti, l’ammontare era 3.928,40 euro, contro i 6.173,20 destinati alla fascia 20.001-50.000 residenti e i 16.836 euro riservati alle grandi città con più di 250mila abitanti.
La simulazione del voto elettronico che si svolgerà tra le 8.00 di mercoledì 13 e le 20.00 di giovedì 14 dicembre 2023, si baserà sull’autenticazione degli elettori, l’espressione del voto e la raccolta dei risultati dello scrutinio attraverso la piattaforma web ‘Portale E-vote’, realizzata dal dipartimento per gli Affari interni e territoriali del Viminale in collaborazione il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, il dipartimento per la Trasformazione digitale della presidenza del Consiglio dei ministri, Agid, Agenzia per la Cybersicurezza e ministero della Giustizia.Alla piattaforma potranno accedere gli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero e i cittadini italiani temporaneamente presenti (per motivi di lavoro, studio o cure mediche) nelle circoscrizioni consolari coinvolte nella simulazione, che siano in possesso di una identità digitale (Cie, Spid o Cns).
Il voto sarà espresso tramite una web application, a cui l’elettore può accedere con qualsiasi dispositivo digitale collegato alla rete internet che sia dotato di uno dei browser più diffusi. In alternativa, i soggetti coinvolti dalla simulazione potranno votare in apposite postazioni elettroniche ubicate al di fuori dei locali adibiti ad ufficio elettorale di sezione.In Italia, qualcosa di simile a quest’ultima modalità è già stata sperimentata, sebbene in un’area circoscritta del Paese.
Nel 2017, infatti, in occasione referendum regionale sul regionalismo differenziato veneto-lombardo, furono messe a disposizione degli elettori, all’interno delle cabine elettorali, delle ‘voting machine’: dispositivi simili a tablet attraverso i quali potevano essere espresse le proprie preferenze. Quella è stata la prima sperimentazione italiana del voto elettronico e dello scrutinio digitale ma non del voto a distanza, perché che gli unici dispositivi abilitati per partecipare al referendum erano fisicamente localizzati nei seggi elettorali e non era quindi possibile votare collegandosi, ad esempio, con il proprio pc da casa. L’unico precedente, sul fonte del voto da remoto, risale invece al 3 dicembre 2021. In occasione dell’elezione dei Comitati degli italiani all’estero, 7.756 elettori residenti in nove sedi diplomatico-consolari, e iscritti nell’elenco degli elettori per le elezioni dei Comites, hanno potuto esprimere il loro voto anche in modalità digitale, per mezzo dello Spid di secondo livello.