ROMA, 25 NOV – Dolore, paura, infezioni, danni irreversibili: è il prezzo per l’integrazione nella comunità e la ‘garanzia’ di un matrimonio. A pagarlo, in tanti, troppi, Paesi del mondo, sono le bambine che già a partire dai primi anni di vita e fino all’adolescenza sono infibulate, escisse, in condizioni igienico-sanitarie mostruose che possono arrivare a provocare anche la morte. Immediata, per dissanguamento, o anni dopo, per le complicazioni del parto. Le mutilazioni genitali femminili riguardano secondo l’Oms oltre 200 milioni di donne in una trentina di Paesi dell’Africa subsahariana, del Medio Oriente e dell’Asia, ma anche in Europa e in Nord America dove le pratiche di questo genere sono diffuse nelle comunità di immigrati.
Nei Paesi del Corno d’Africa, Somalia, Eritrea, Gibuti, le mutilazioni riguardano oltre il 90% delle donne e affondano le radici soprattutto nella tradizioni islamica ma anche pre-islamica. In misura minore sono diffuse anche in comunità non islamiche. E anche se in molti Paesi africani sono ormai fuori legge, continuano ed essere praticate illegalmente, frutto di una consuetudine che non prevede la libertà di scelta. Se una donna non viene infibulata o, nel migliore dei casi, escissa, è un essere impuro, con desideri sessuali e a rischio di non trovare un uomo che la sposi, quindi condannata all’emarginazione in comunità la cui cellula base è la famiglia e dove non sono previste deroghe. Per questo le mamme e le nonne sono le prime a imporre le mutilazioni alle bambine.
Le iniziative contro questa forma di violenza si sono moltiplicate ma l’obiettivo di cancellare le mutilazioni genitali è ancora lontano. Negli ultimi 5 anni il programma congiunto tra l’Unfpa (il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione) e l’Unicef per la loro eliminazione ha cercato di coinvolgere anche gli uomini sostenendo negli ultimi cinque anni oltre 3.000 iniziative in cui i maschi si impegnano attivamente per porre fine a questa pratica. Ma per il 2023 le proiezioni Onu parlano di oltre quattro milioni di bambine e giovani donne a rischio mutilazioni. Un dato che entro il 2030, anno scelto dall’Onu per l’Agenda globale, raggiungerà i 4,6 milioni. (ANSA)