Di professione era medico e collaborava con alcune Rsa milanesi. Ma Giovanni Morabito, 59 anni, è anche figlio dello storico capo della cosca della ‘ndrangheta Morabito-Palamara-Bruzzaniti, Giuseppe Morabito detto Tiradritto, e (secondo le indagini della Direzione investigativa antimafia di Milano) era al vertice di due gruppi criminali: uno si occupava di droga ed estorsioni, l’altro di illeciti economico-finanziari, tra cui frodi legate alla pandemia Covid e all’Ecobouns. L’uomo, nel frattempo, si trova in carcere, condannato in modo irrevocabile per associazione mafiosa.
18 persone sono state raggiunte martedì mattina da misure cautelari, di cui 7 in carcere, 4 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 4 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’operazione è stata condotta dal personale della Dia e dei carabinieri di Monza, con il supporto degli investigatori di polizia penitenziaria. Le 18 persone sono indagate a vario titolo per traffico di droga, estorsione e reati economico-finanziari, i cui proventi erano destinati alla cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti.
L’indagine ha preso il via nel 2019, prima della pandemia. Il primo dei due gruppi era composto da professionisti e imprenditori milanesi. Tra i reati compiuti, la creazione di società ‘cartiere’, che avevano lo scopo di emettere false fatture per acquisti fasulli di beni e servizi, creando somme di denaro in nero per clienti terzi. Gli investigatori hanno sequestrato circa 50mila euro in contanti. E poi la vendita di false polizze fideiussorie, a favore di ditte che non sarebbero riuscite a ottenerle legalmente, perché non avevano la necessaria solidità. In un caso, le false fideiussioni sono state trasmesse a società del settore delle scommesse che erano state colpite da interdittive antimafia.
Una volta partita la pandemia Covid, il gruppo criminale ha trovato il modo di insinuarsi anche nelle agevolazioni e nei finanziamenti dello Stato. Il gruppo stava per conseguire un finanziamento garantito dallo Stato per 2 milioni di euro, bloccato in tempo dagli investigatori. L’obiettivo era reinvestire il denaro ottenuto in questo modo creando società commerciali nel settore edile, per sfruttare i benefici dell’Ecobonus, nella raccolta e riciclaggio dei rifiuti, nel commercio di carburante e nella grande distribuzione.
250 chili di droga
E veniamo al secondo gruppo criminale: questo gestiva il traffico e lo spaccio di droga (cocaina, eroina, marijuana e hashish) in Calabria e nel nord Italia, e agiva nel recupero crediti con modalità mafiose, ricorrendo anche alle armi. Per cercare di disperdere le tracce, il gruppo cambiava spesso le auto (a noleggio) e i telefoni (intestati ad altri), e disponeva di un magazzino a Paderno Dugnano (Milano) per custodire lo stupefacente, che serviva anche come punto d’incontro.
La droga proveniva da Spagna, Austria e Albania, ma anche dal Perù e dal Brasile. Durante le indagini sono state documentate compravendite di eroina per 50 chili, di marijuana per 150 chili e di hashish per 50 chili.
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