Daria Dugina, giornalista figlia dell’ideologo russo Aleksandr Dugin, uccisa ad agosto dello scorso anno nei pressi di Mosca, tramite una bomba piazzata nella sua auto, è stata vittima di un attentato organizzato ed eseguito da agenti segreti ucraini addestrati dalla Central Intelligence Agency (Cia). Lo affermano “funzionari anonimi statunitensi e ucraini” citati dal quotidiano “Washington Post”, secondo cui proprio le spie addestrate dall’agenzia investigativa statunitense sono impegnate sin dallo scorso anno in un sanguinoso “conflitto ombra” contro la Russia.
L’attentato contro Daria Dugina
Le fonti citate dal quotidiano ricostruiscono l’attentato contro Dugina: componenti della bomba installata sulla sua autovettura sarebbero state introdotte in Russia quattro settimane prima dell’attentato, all’interno di un compartimento segreto ricavato in una gabbietta per gatti, su un’auto in cui viaggiavano una donna e la figlia 12enne. L’operazione – scrive il quotidiano statunitense – è stata pianificata dal Servizio di sicurezza interna ucraino (Sbu), ed è parte di una campagna di attentati e operazioni sotto copertura in cui rientrano anche gli attacchi al ponte di Crimea, a navi russe nel Mar Nero e al Cremlino. Tali operazioni “riflettono le capacità acquisite dalle agenzie di spionaggio ucraine in oltre un decennio, da quando per la prima vola la Russia occupò territorio ucraino, nel 2014”.
Proprio nell’ultimo decennio, l’Sbu e le altre agenzie di sicurezza ucraine “hanno forgiato nuovi legami con la Cia”. Le operazioni effettuate nell’arco dell’ultimo anno e mezzo contro obiettivi ad alta visibilità in Russia e nei territori occupati “hanno coinvolto operatori selezionati dai nuovi direttorati formati, addestrati ed equipaggiati tramite un partenariato stretto con la Cia”. Dal 2015 – prosegue la “Washington Post” – la Cia “ha speso decine di milioni di dollari” per trasformare i servizi segreti ucraini, ancora strutturati sul modello sovietico, in “potenti alleati contro Mosca”: l’agenzia d’investigazione statunitense “ha fornito sistemi di sorveglianza, addestrato reclute in territorio ucraino, costruito nuovi quartieri generali per l’intelligence militare di Kiev e condiviso intelligence su una scala inimmaginabile prima dell’annessione illegale della Crimea da parte della Russia”. Tutt’oggi, affermano le fonti citate dal quotidiano, la Cia “mantiene una presenza significativa a Kiev”.
Il capillare coinvolgimento della Central Intelligence Agency statunitense nel conflitto tra Russia e Ucraina è già stato oggetto di rivelazioni e articoli della stampa Usa: secondo “Newsweek“, ad esempio, la Cia sarebbe la vera coordinatrice delle operazioni belliche ucraine, occupandosi di ruoli cruciali che vanno dalla logistica “informale” delle armi alla segnalazione degli obiettivi da colpire sul campo.
L’omicidio di Daria Durgina e quello di altri giornalisti e ideologi in Russia – evidenzia la “Washington Post” – rientra però in un ambito del tutto differente, e dimostra come l’Ucraina abbia trasformato le “liquidazioni” tipiche delle operazioni spionistiche durante la Guerra fredda in uno strumento di guerra: negli ultimi 20 mesi, l’Sbu e la sua controparte militare, il Gru, “hanno compiuto decine di assassinii” di ufficiali, funzionari e figure pubbliche russi, oltre a sostenere e organizzare gruppi terroristici e di resistenza in Russia e nei territori occupati. Questa predilezione per gli assassinii avrebbe “complicato” la collaborazione con la Cia, suscitando perplessità a Washington.
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