Nel 2020 era andato via da Milano. Poi è riapparso, non si sa ancora quando. Di sicuro l’ultima sua traccia risale a luglio scorso, quando era finito in manette. Prima, il niente. Dopo, invece, la follia: quella scattata in viale Monza alle 14.24 di sabato, quando ha smesso di essere un fantasma e ha aggredito tre persone a caso, che hanno avuto l’unica sfortuna di trovarsi sulla sua strada. Il “fantasma” è un 33enne cittadino egiziano, con qualche piccolo precedente per reati legati all’immigrazione.
È lui l’uomo che sabato, con addosso una tunica bianca e in mano un Corano, ha sferrato calci e pugni contro un 53enne e un 57enne italiani e un 44enne ecuadoriano, lui finito in ospedale per le ferite, all’altezza del civico 311 dello stradone che porta fuori dal capoluogo meneghino. Alcuni testimoni – ma su questo sono ancora in corso accertamenti perché le voci sono contrastanti – hanno assicurato di avergli sentito gridare “Allah Akbar” mentre sfogava la sua furia sui tre uomini.
Quando i poliziotti delle Volanti lo hanno bloccato, sono stati costretti a portarlo al pronto soccorso del Policlinico perché era completamente fuori di sé. La sua vittima è invece finita prima all’ospedale di Sesto e poi al Bassini di Cinisello Balsamo, in condizioni fortunatamente buone.
Il raid ha inevitabilmente fatto scattare l’allarme, anche perché avvenuto a poco più di un’ora dall’inizio della manifestazione dei circa 4mila palestinesi che si sono ritrovati in stazione e hanno poi sfilato fino al Parco Trotter gridando cori per la “Palestina libera” e contro “Israele terrorista, Stato fascista”. Gli investigatori hanno subito escluso qualsiasi possibile collegamento fra il corteo e le aggressioni, apparso immediatamente un gesto isolato.
Isolato sì, ma compiuto da chi? Il 33enne, stando a quanto verificato, era stato colpito da un ordine di espulsione firmato dal questore di Milano nel 2020 e aveva effettivamente lasciato l’Italia. A luglio scorso – quindi prima dei cinque anni previsti dal provvedimento – è stato però fermato durante un controllo casuale a Milano e arrestato proprio per essere rientrato sul territorio nazionale prima dei termini. Giudicato per direttissima, per lui era stato disposto l’obbligo di firma. Dopo il raid di viale Monza è stato prima indagato con l’accusa di lesioni aggravate e poi arrestato con l’accusa di “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa“.
Irregolare e senza una fissa dimora, l’uomo non era mai finito nel mirino degli specialisti della Digos, che monitorano senza sosta gli ambienti islamici – e non solo – alla ricerca di possibili estremisti. Di sicuro non è mai stato segnalato in qualche moschea, ma altrettanto certamente – secondo quanto appreso – sia in ospedale sia in questura, dopo il fermo in viale Monza, ha mostrato quella che gli investigatori hanno definito una “certa ostilità nei confronti del mondo occidentale”. www.milanotoday.it